Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
Partita IVA 03068171200 | Codice Fiscale/Numero iscrizione registro imprese di Roma 03068171200
CCIAA R.E.A. RM - 1367791 | Capitale sociale: €10.000 i.v.
Lunedì 16 febbraio il Prof. Emmanuele F.M. Emanuele ha pubblicato nella sezione “Attualità” di Affari e Finanza un suo intervento dal titolo ‘Finanziare la “welfare community”, il nuovo ruolo delle Fondazioni’. Nell’articolo si pone con enfasi l’accento sul ruolo che il così definito “terzo settore” può assumere nel fronteggiare le esigenze sempre crescenti avanzate dalla società civile e che lo Stato non ha più la capacità di soddisfare. Su questo non si può che concordare. Sono ormai molti coloro che con i loro scritti, i loro interventi e le loro prassi si sono resi testimoni di una realtà di “terzo settore” che, se ancora fino agli anni Settanta era impegnato in prevalenza nella funzione di tutela (advocacy) e di sperimentazione (pioneering), con l’inizio degli anni Ottanta ha assunto nell’organizzazione del welfare italiano una indiscutibile funzione produttiva.
Qualche preoccupazione, invece, viene dal riferimento costante al terzo settore quale “attore cruciale” dato l’esaurirsi delle risorse pubbliche dedicate all’assistenza. Per quanto ci riguarda il valore del terzo settore non può e non deve essere misurato esclusivamente in una logica di risparmio della spesa pubblica. E’ importante ricordare, infatti, che gran parte delle organizzazioni non profit, in Italia come altrove, trovarono inizialmente legittimazione nella loro capacità di produrre nuovo valore sociale, in quanto per dimensioni e caratteristiche operative, erano migliori sia dello Stato sia di altre tipologie di imprese.
Nel tempo, però, proprio una idea (e prassi) di “effetto sostituzione” tra Stato e non profit ha sostituito la capacità di ascolto e risposta come fattore distintivo e legittimante dell’organizzazione non profit con una esclusiva e spesso non certificata “capacità risparmio” della spesa pubblica. A un rapporto di interdipendenza funzionale si è andato così sostituendo proprio quel rapporto di dipendenza economica e politica delle organizzazioni non profit dal settore pubblico di cui (giustamente) l’Autore invoca il superamento.
L’auspicio, dunque, è quello di una nuova evoluzione del rapporto tra Pubbliche amministrazioni e organizzazioni non profit, dove queste ultime siano chiamate a rispondere non solo a un’esigenza di risparmio, ma anche di innalzamento della qualità del servizio erogato, così da renderlo più vicino ai bisogni degli utenti. A questo scopo, come giustamente ricordato, le Fondazioni di origine bancaria, come quelle dall’Autore presiedute, possono contribuire in maniera determinante, abbandonando la veste di meri fornitori di mezzi finanziari (capital providers) e impegnandosi a rendere efficace il finanziamento dato (fully engaged partners), supportando le organizzazioni beneficiare nel migliorare le proprie capacità operative e realizzative.
Alessandro Hinna è ricercatore, da oltre un decennio svolge attività di studio e formazione nel terzo settore.
Articoli correlati:
Il ruolo delle Fondazioni all’interno della nuova welfare community. Intervista a Gabriello Mancini