riforma-spettacolo-dal-vivoÈ certo difficile provare a commentare, in così poche battute, le notizie che si stanno susseguendo sulla riforma dello spettacolo dal vivo dopo che questa è stata attesa, in Italia, per oltre sessanta anni; il disegno diventerà legge entro il 2009 (queste le promesse) dopo che avrà affrontato, nel prossimo autunno, un’aula parlamentare già particolarmente ostile a questi processi di riforma.

Ma quella che leggiamo – scarica il testo della legge- è una straordinaria riforma, che rivisita le logiche del Fondo Unico dello Spettacolo nella logica del decentramento, accorpa i vari fondi dormienti (dormienti almeno per lo spettacolo dal vivo: gioco del lotto, fondi SIAE, fondi europei) per la promozione delle politiche per lo spettacolo dal vivo, pone l’educazione del pubblico nell’olimpo delle azioni meritevoli di sostegno, definisce (finalmente!) una programmazione triennale dei finanziamenti, costituisce un fondo perequativo per i territori “teatralmente svantaggiati”, ripensa l’Ente Teatrale Italiano (pur ri-stabilendo la funzionalità dei teatri di proprietà, interrompendo in questo modo l’interessante processo di dismissione avviato nel recente passato), istituisce un fondo per la creatività. Solo per citare i punti evidenziati nel corso delle Giornate del Teatro tenutesi a Napoli nei giorni scorsi.

Ma grande riforma vuol dire grandi interessi in gioco, con forze contrapposte che da queste innovazioni vedranno peggiorare, i perdenti, e migliorare, i vincitori, le proprie posizioni nello scacchiere dello spettacolo dal vivo in Italia. Domanda spontanea: se questo testo è il cavallo pronto alla partenza dietro ai canapi, pronto alla mossa, in che condizioni, in quale posizione, con quale fantino giungerà al traguardo finale?

Marcello Minuti è economista della cultura