In tempi di crisi si consulta l’oracolo. Che questa volta prende la forma di sette esperti (tra i quali chi scrive), chiamati a formulare previsioni sul mercato dell’arte visiva italiana nei prossimi anni. Il quadro è piuttosto chiaro: vitalità e contenuti, forti personalità e iniziative significative, ma tutto in un quadro generale e istituzionale a dir poco sfilacciato. Quando le posizioni di critici, galleristi, collezionisti, curatori, storici ed economisti coincidono c’è da preoccuparsi. Come nei bollettini di guerra d’inizio secolo, in cui mancava la fortuna e non il coraggio, il mercato dell’arte visiva contemporanea ha davanti la prospettiva poco confortante di continuare a navigare in acque incerte, dibattendosi tra l’espansione di opportunità linguistiche e strategiche (inclusa una nuova valenza del senso sociale dell’arte) e la stasi indifferente di politica e territorio; con eccezioni notevoli in alcune città che adesso e nei prossimi anni continueranno così come nel Rinascimento a costituire la culla più efficace per il fermento creativo italiano, e per la circolazione internazionale di artisti, opere e idee nel nostro Paese. La ricerca scaturita dal confronto degli esperti (“Il futuro delle arti visive contemporanee in Italia”, pubblicato a cura e in occasione del Premio Terna 02) è stata presentata a Ravello nell’ambito del Festival (dedicato quest’anno, guarda caso, al coraggio), in una tavola rotonda coordinata da Domenico De Masi e introdotta da Stefano Palumbo, Giovanni Buttitta e Cristiana Collu, con la partecipazione di quattro degli esperti coinvolti nella ricerca.

 

Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto, Università di Catanzaro