Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Sulla recente creazione della nuova Direzione Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac sono stati già dedicati fiumi di inchiostro e molte sono state le posizioni, anche polemiche, che hanno seguito la nomina a Direttore di Mario Resca, già esperto manager, tra l’altro, di una nota catena di fast-food e del Casinò di Campione. Ma al di là di posizioni ideologiche o di stupide prevenzioni è condivisibile l’approccio indicato anche nell’intervento di qualche giorno fa di Fabio Severino sull’opportunità di rendere attraente la cultura (Come la cultura diventa attraente. Resca e la pubblicità da museo di Fabio Severino) . Ci sono, però, due aspetti della vicenda a mio avviso significativi sui quali vorrei richiamare l’attenzione. Nella mia ormai quasi ventennale esperienza di ricerca e lavoro sui temi dell’economia della cultura ho maturato la convinzione che il capitale fondante del patrimonio culturale sia quello umano, in primo luogo in quanto produttore dei beni in questione e, in secondo luogo, come gestore degli stessi. Ebbene, il capitale umano del Ministero, a partire da quello tecnico-scientifico, mediamente dotato di una buona preparazione e sicuramente di una forte motivazione di base, credo sia oggi tra quelli meno valorizzati, considerati e valutati delle pubbliche professioni. A partire dai livelli salariali (a parte, i pochi dirigenti di prima fascia), per continuare con l’assoluta povertà di risorse con le quali si trova ad operare, soprattutto nelle Soprintendenze periferiche. Quando ti trovi impossibilitato a programmare interventi nel tempo, a telefonare, a usare un’autovettura o uno strumento di servizio per mancanza dei fondi necessari e lavori a casa o nei fine settimana, senza alcun riconoscimento, per svolgere il tuo lavoro credo ti passi, col tempo, qualsiasi vocazione e spinta motivazionale. Dal 1975, anno di creazione del Ministero, non mi sembra sia stato mai realizzato alcun serio ed efficace investimento sul personale e l’indebolimento strutturale e funzionale derivato da questi ultimi dieci anni di continue, radicali riforme organizzative segna ormai un livello di disgregazione della base di risorse umane particolarmente grave. Il quesito che si pone è, dunque, il seguente: siamo sicuri che un deus ex machina, per quanto bravo manager, possa riuscire veramente a risolvere la situazione così compromessa (come nella commedia antica), risollevando il morale di migliaia di dipendenti che ripongono una fiducia molto limitata nel centro che li dirige e si sentono ormai abbandonati da tempo immemorabile negli avamposti di una battaglia, in cui la classe dirigente del paese, mediamente, non crede o giudica un fastidioso impaccio al progresso e al consumismo? Le priorità assolute che individuo oggi sono: un cospicuo e sostanziale investimento sulle persone che hanno deciso di dedicare la propria attività professionale all’interno dell’amministrazione pubblica statale e lo stanziamento di cospicui e sostanziali investimenti finanziari pubblici a sostegno dello sviluppo del settore. Il disinteresse collettivo verso il patrimonio culturale è anche figlio della mancanza di una comprensione più estesa dei suoi valori, ma questa non può essere raggiunta senza le due componenti di cui ho appena detto. Anche il miglior generale, se privo di mezzi e di truppe motivate può difficilmente raggiungere i risultati della missione affidatagli e la mia sensazione è che quella affidata al nuovo Direttore sia difficilmente realizzabile senza intervenire su queste due variabili. Mi auguro, quindi, che da bravo, avveduto e navigato manager, quale egli è, sappia individuare nuove risorse, adeguate alle sfide in essere e sappia cogliere la particolarità delle dinamiche dell’intervento in una struttura pubblica, (rese ancor più particolari dall’abbandono di cui ho detto), ridando fiducia e motivazione a color che da troppo tempo assistono ad interventi di deus ex machina (singoli o società di consulenza) che vengono ad insegnare loro quello che essi sovente sanno già fare, o potrebbero fare, se solo fossero messi in grado di operare. Sentendosi ed essendo sostenuti dal vertice politico e amministrativo e, così facendo, dalla base dei concittadini potrebbero essere i migliori e più efficaci attori della valorizzazione, così opportunamente evocata e prevista nel recente decreto di riforma del Ministero.
Emilio Cabasino è docente di Economia della cultura, Università della Tuscia