Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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L’investimento di 40 milioni che la regione Sicilia ha previsto di investire nel comparto audiovisivo, rientra all’interno di un tentativo diffuso in ambito nazionale di sviluppare, contro il taglio progressivo dei fondi del governo centrale, una politica di sostegno e di sviluppo sostanzialmente autarchica. Il ricorso ai Fondi regionali, Apq e ai Finanziamenti europei fa parte di una strategia precisa che, per quanto riguarda la regione Sicilia, solo un anno fa, aveva, ad esempio portato alla costituzione di una struttura produttiva che, grazie anche all’impegno diretto di Giovanni Minoli e delle strutture Educational e Fiction della Rai, impegnava maestranze e professionisti locali generando un indotto fino a quel momento mai così vasto. La produzione di Agrodolce, a prescindere dai risultati qualitativi della serie, aveva dimostrato come un decentramento ragionato potesse rappresentare la vera alternativa produttiva per interi settori. Un fenomeno simile a quello sviluppatosi nella prima metà degli anni novanta quando la produzione si sviluppava in territori lontani da Roma aprendo prospettive di investimento del tutto inaspettate. Qui in più c’è la capacità del pubblico di intercettare fondi e di rimetterli in gioco. Se c’è da sottolineare, infatti, come in anni recenti si sia moltiplicato il numero delle Film Comission Regionali è anche necessario notare come molte di queste siano riuscite a dotarsi di strumenti e strutture in grado di agire direttamente nel comparto generando flussi di interessi del tutto inediti. La Fondazione Rossellini per lo sviluppo dell’audiovisivo, nata come conseguenza diretta del Festival della Fiction di Roma, oppure la costituzione tre anni fa della Fondazione Cinema per Roma, o ancora iniziative come il Festival di Bari, sono solo la parte più evidente di un processo di localizzazione che presuppone la capacità degli operatori locali di convogliare fondi e di reinvestirli. Contro la carenza dei finanziamenti governativi e la progressiva diminuzione degli investimenti industriali che provenivano dalle grandi Corporation (la riduzione del personale e della produzione attuata da Sky negli ultimi nove mesi è solo una parte del cambiamento di rotta generale) le realtà locali più attive ed attente (siano esse politiche o private), in grado di capire il potenziale economico di uno sviluppo assistito del comparto audiovisivo, stanno cercando di sviluppare una politica innovativa in senso industriale entrando direttamente nella filiera fino ad accettare il rischio d’impresa connesso ad ogni investimento.
Massimo Galimberti è critico, saggista, dottore di ricerca e docente di cinema presso l’Università degli Studi dell’Aquila. Lavora come selezionatore e organizzatore di festival internazionali.