spettacoloIn questi giorni sono usciti diversi articoli riguardanti il FUS, ma nessuno che ne spiegasse, tra gli altri avvenimenti, la genesi.
Il FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo, è stato creato con l’articolo 1 della legge n.163 del 30 aprile 1985, ed è il congegno adoperato dal Governo italiano per regolare e gestire l’intervento pubblico nel comparto dello spettacolo. Il suo scopo primario è infatti quello di fornire supporto economico ad organismi, istituzioni, associazioni ed imprese operanti nel mondo dello spettacolo.
Ogni anno l’Osservatorio dello Spettacolo, costituito presso il Ministero dei Beni e delle attività culturali, stende un bel rapporto attinente l’utilizzo dei finanziamenti che viene, in seguito, presentato dal Ministro al Parlamento. Ne potete trovare l’ultima relazione sul sito del Ministero.
Dopo questa breve ed inevitabile introduzione, vedremo brevemente come, a mio parere, alla fine non accadrà nulla e come tutto questo rappresenti niente di più che una mera provocazione politica.
L’attuale governo, infatti, non è così sprovveduto da permettere una manovra tanto impopolare quale il taglio del FUS. Sta quindi semplicemente lavorando in modo astuto per mettere al muro l’opposizione, obbligandola così a sostenere alla Camera la legge sullo spettacolo dal vivo di cui, in ogni caso, sono state riscritte le regole.
Il nodo centrale è rappresentato dalla riforma delle fondazioni lirico sinfoniche che, da sole, drenano più del 50% delle risorse del FUS. Ad esso si aggiunge una più ampia volontà di puntare a forti finanziamenti su progetti strategici, cercando di allentare la politica legata ai cosiddetti “finanziamenti a pioggia”. Sono sicuro che il FUS verrà reintegrato in brevissimo tempo, e che, dopo un’attesa di sessanta anni, verrà varata, con un testo bipartisan, la legge: un successo politico per l’attuale maggioranza, ma sui quali benefici esprimo forti dubbi. Pronto, naturalmente, ad essere immediatamente smentito.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it