Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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La scacchiera del Ministero per i Beni e le Attività Culturali registra nuovi avvicendamenti. Tutti pertinenti, tutti graditi anche ai sindacalisti che non risparmiano critiche “ove convenga”. Dei nuovi nominati (Maurano, Lorrai, Galletti, Turetta e Bilardi) e dei possibili nominandi alle cruciali Direzioni Regionali del Lazio e della Lombardia tutti sottolineano le competenze e l’abnegazione, riconoscendo da una parte l’appropriatezza delle nomine ma non evitando, al tempo stesso, la polemica sullo stato di permanente emergenza nella quale la cultura italiana naviga (ovviamente a vista) da sempre. Bravi tecnici in trincea, dunque, e pluridecorati per i loro coraggiosi trascorsi. Ma tra una nomina e l’altra, tra un manifesto apocalittico e un simposio librario, possiamo chiedere che il Ministero ponga finalmente mano a una modifica radicale e sostanziale del quadro istituzionale, delle regole, dei meccanismi? E’ possibile che un museo non abbia ancora autonomia progettuale e finanziaria? E’ accettabile che il sostegno allo spettacolo non dipenda dalla condotta gestionale di direttori e sovrintendenti? La mancanza di regole adeguate – e l’obsolescenza progressiva di quelle vigenti – continua a orientare i riflettori sulle persone anziché sulle regole. Se le persone sono incapaci, la mancanza di buone regole ne amplifica i danni e non ne vincola le azioni; se, come in questo caso, sono capaci e competenti, la mummificazione del sistema ne vanifica gli sforzi e non ne coagula il valore professionale e la passione. Abbiamo davanti tre anni senza elezioni, una finestra astrale mai verificatasi di recente. Ci dicono che godiamo di una maggioranza stabile e forte che vuole fare le riforme. Quando si comincia?
Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto, Università di Catanzaro