Dopo mesi di proteste il discusso Decreto Romani, che recepisce la Direttiva Ue sui Servizi Media Audiovisivi, seppure in ritardo, ha ricevuto il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri.
Svariate e complesse le materie trattate nel corposo provvedimento, dalla progressiva riduzione dei tetti di affollamento orario della pubblicità per la pay per view (che oggettivamente penalizza l’operatore satellitare Sky), all’esclusione della pay per view e dei cosiddetti palinsesti in differita dal computo del limite del 20% in materia di antitrust (che mette al riparo Mediaset), fino all’introduzione del product placement anche nella fiction passando per la misure per gli operatori web. Queste ultime mostrano un chiaro dietrofront rispetto alle versioni precedenti. Tirano un grosso sospiro di sollievo siti tradizionali, blog, motori di ricerca, quotidiani e magazine on line, che alla fine restano – a ragione – fuori dall’ambito del decreto.
Certo è che prima o poi, si dovrà pur affrontare il tema centrale (eluso dal Decreto), sulla responsabilità editoriale dei service provider e sulla previsione di una disciplina ad hoc per i soggetti audiovisivi ibridi come Youtube.
Sono state ripristinate le quote di programmazione e investimento in opere audiovisive europee, difese a spada tratta dai cinematografari e ora a carico anche degli operatori pay (obblighi storicamente mal digeriti dalle emittenti) anche se per le sottoquote per il cinema occorrerà attendere un decreto attuativo. Non gioiscono del tutto i produttori indipendenti delusi da come è stata disciplinata la delicata materia dei diritti residuali affidata ad un successivo regolamento Agcom (che in realtà già si era pronunciata…) ma di fatto annacquata a favore dei broadcaster: la possibilità che i suddetti diritti – unica leva per rafforzare il patrimonio aziendale delle società e porre in maggiore equilibrio i rapporti contrattuali con la committenza – restino in capo ai produttori viene concessa solo in presenza di investimenti proporzionali, favorendo la concentrazione del mercato nelle mani di pochi soggetti.
La sensazione è quella di una normativa difensiva e di retroguardia: anziché anticipare le tendenze di un mercato in forte evoluzione, ha fissato una serie di paletti in ordine sparso nel tentativo di tenere sotto controllo un sistema sempre più complesso e fitto di interrelazioni. Saranno soddisfatti gli studi legati specializzati chiamati ad esprimere pareri e memorie nel tentativo di ricomporre, a vantaggio dei propri clienti, le tessere del nuovo mosaico legislativo.  

 

Bruno Zambardino è Docente di Organizzazione ed Economia Aziendale dello Spettacolo, Università “La Sapienza”