Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Il Ministero chiude. Come nei film di Totò. Nei prossimi mesi i visitatori di Brera e del Cenacolo vinciano rischiano di trovare chiuse tutte le strutture della Soprintendenza regionale lombarda, per gli effetti di un vecchissimo contenzioso in base al quale il MiBAC dovrebbe pagare 114 milioni di euro a causa di una questione che risale al 1974. Complicato parlare di responsabilità, che pure sicuramente ci sono anche alla luce dell’assenza del Ministero dall’ultima udienza presso il Tribunale di Milano.
Scontato dare la colpa alla burocrazia e alle sue stratificazioni perverse delle quali ci si accorge spesso quando ormai è troppo tardi. Triste dover, per l’ennesima volta, prendere atto che la cultura italiana è governata da sempre secondo il criterio dell’emergenza permanente. Così, mentre le nostre corazzate si preparano all’invasione di Shanghai, a casa si stringe la cinghia e si accettano situazioni che in qualsiasi posto del mondo farebbero saltare più di una testa. A questo proposito, ovviamente, la questione lombarda vede un altro dei problemi ricorrenti: non c’è a tutt’oggi un Direttore generale regionale nella pienezza delle funzioni, e la carica è esercitata per supplenza; il che aiuta un’atmosfera nebulosa e dilatoria nell’attribuzione delle responsabilità strategiche e operative. Anche per questi motivi davvero grotteschi sarebbe il caso, finalmente, di porre mano a un ridisegno sostanziale dell’offerta culturale italiana che veda al centro organizzazioni autonome, snelle, aperte ai mercati, cosmopolite. Per non farci ridere dietro dal resto del mondo, e soprattutto per non essere costretti a piangere di noi stessi.
Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto, Università di Catanzaro