A4, nome in codice per il motore di Ipad, deriva dai RISC. Il cuore del nuovo Ipad della Apple segue una filosofia di computer nata negli anni ’70 basata su processori appunto di tipo RISC (Reduced Instruction Set Computer) che offrono potenza con costi ridotti. Telefoni cellulari, palmari, videogiochi e anche automobili si affidano ancora oggi a quei processori RISC, che dominarono incontrastati il mercato dei server ad alte prestazioni durante gli anni ’90. Anche il nostro Patrimonio Culturale venne informatizzato negli stessi anni utilizzando unità IBM dotate di tali processori ed in molte Soprintendenze italiane è ancora possibile osservare (spesso negli scantinati) Workstation RISC IBM che erano adibite alla acquisizione e trattamento del dato per la catalogazione dei beni culturali.
L’attualissimo Ipad, dotato ancora di processori discendenti dalla famiglia RISC, si imporrà sicuramente nell’uso quotidiano per il settore dei beni culturali, ove potrà essere utilizzato da una parte come strumento di rilievo e documentazione ad uso dei conservatori, dall’altra come strumento di fruizione generalizzato potendosi sostituire efficacemente a qualsiasi tipo di guida cartacea o multimediale fino ad oggi realizzata, anche per il noleggio, visto i costi non proibitivi e la durata della batteria prevista in 10 ore consecutive.
Nel negozio online della Apple, ricercando applicazioni per iPad per i beni culturali, appare subito un prodotto (http://itunes.apple.com/us/app/id348614093?mt=8) pubblicizzato con il seguente motto:
“Contiene il testo integrale dell’Enciclopedia dell’Arte Zanichelli. Indispensabile durante la visita di un museo o di una città d’arte, l’Enciclopedia dell’Arte Zanichelli informa i lettori sui movimenti artistici, i generi e le tecniche delle arti visive e dell’architettura di ogni tempo, dai graffiti rupestri alla video art.”
Viene dichiarata da Zanichelli disponibile su iPhone, iPod touch e iPad, ma, potendo scegliere, non c’è dubbio su quale dei tre accessori utilizzare. Con uno schermo capacitivo multitouch da 9.8 pollici l’Ipad si pone da subito,  rispetto ai suoi predecessori, come periferica preferenziale per i prodotti digitali per l’arte, i monumenti e i siti archeologici.
E che dire per l’utilizzazione quale notebook digitale veramente portatile che simula una tastiera a video di dimensioni finalmente utili, tramite il multitouch, che consente di scrivere agilmente, finalmente senza più il rischio di contrarre il crampo tipico di coloro che utilizzano telefoni cellulari per scrivere poemi.
Gli studiosi, i conservatori, i restauratori e tutti coloro che avranno necessità di porsi davanti all’opera d’arte per annotarne elementi descrittivi, potranno finalmente disporre di uno strumento, fino a ieri presente solo in costosi Tablet PC riservati ad applicazioni di alto livello  considerati gli elevati impegni economici necessari.
Le prime riflessioni che giungono dagli utenti che nei giorni scorsi negli USA, si sono procurati un esemplare, lasciano pensare ad un oggetto giovane che dovrà di certo attendere qualche “aggiornamento di versione” per essere veramente utilizzabile in tutti quei campi collegati alla lettura digitale della stampa tradizionale.
Una delle delusioni più forti viene proprio dalla tipologia di schermo, se si considera che uno degli obiettivi principali disegnati intorno a questo prodotto e’ collegata al mondo degli e-book. L’IPad non supporta la tecnologia e-ink  o e-paper e quindi leggere un libro qui è molto diverso dal Kindle di Amazon (http://Amazon.com/Kindle), poiché la percezione è molto simile a quella di un libro sul PC di casa. Si sa gli schermi retroilluminati procurano stanchezza visiva ed emicranie se l’attenzione si focalizza su un punto per un lasso di tempo prolungato.
Ed è proprio questa la sfida che Ipad dovrà affrontare per proporsi come lettore digitale di libri e giornali in un settore ove molto dello sforzo tecnologico è stato rivolto alle tipologie di video che ripropongano una emulazione della carta stampata anche in pieno sole, cosa che l’Ipad sembra non poter fare.
Problemi quindi nell’uso all’aperto che per la fruizione di beni culturali si traducono spesso in problemi nei siti archeologici, riservando invece migliori risultati all’interno di musei e gallerie, ove i suoi molteplici sensori saranno in grado di interagire con la direzione di osservazione dell’utente proponendogli immagini e testi relativi all’opera osservata e a quelle eventualmente collegate disperse nel mondo in mostre e restauri la cui traccia documentale, magari dispersa in qualche file XML, sia disponibile in Rete a disposizione dei motori di ricerca che saranno invocati quasi di nascosto e spesso anche ad insaputa dell’utente stesso.

Renzo Carlucci è direttore editoriale della rivista GEOmedia