Di certo avranno pensato alla fluente chioma della Venere del Botticelli quando al Ministero dei Beni Culturali è stata avallata la nomina di Riccardo Miccichè a direttore del restauro dei Nuovi Uffizi. Avere un esperto di prodotti per parrucchieri diventa un vantaggio competitivo. In effetti sapere tutto di piante officinali e di prodotti per manicure è utile a comprendere la natura delle muffe nei magazzini e a prevenire fastidiose malattie professionali alla pelle di co.co.co. restauratrici e delle frequenti abili massaggiatrici (frequente effetto collaterale di questo tipo di appalti).
Provando a dare un senso alla vicenda sembra davvero di passeggiare in una galleria minore del museo dove spiccano una natura morta dell’Anemone del periodo più maturo, un chiaro e tondo di Mario Della Giovanpaola, un bassorilievo bassissimo del Piermarini allievo del Bertolaso. Tutto questo, ovviamente, all’ombra della Sacra Famiglia.
Non c’è ombra di stupore invece in noi quieti osservatori, ma quasi ammirazione per la valorizzazione delle “competenze trasversali” del Miccichè, prassi auspicata sia dalla Strategia di Lisbona che dal futuribile piano Europa 2020 per uno Sviluppo Sostenibile.
E a che pro lamentarsi per il taglio dei fondi per la fiction di qualità quando le sceneggiature disponibili in natura sono gratuite e di tale sopraffino livello? Già era un cult la puntata del manager Mc Donald’s nominato alla direzione dei musei italiani, ora ecco il parrucchiere agli Uffizi. Manca solo un piromane all’Archivio di Stato.
La domanda che mi faccio cercando di cambiare invano canale è: sviluppo sostenibile, va bene, ma per chi?

Samuel Saltafossi, sociologo della complessità