Nel mondo dell’informatica abbiamo vissuto diversi capovolgimenti dei ruoli: all’inizio il “Cervellone” era un computer centrale ai quali si collegavano terminali senza capacità elaborative, demandando tutta l’intelligenza al calcolatore unico, fungendo solo da interfaccia tra l’uomo e la macchina.
In seguito, con lo sviluppo dei personal computer, la maggior parte del lavoro veniva svolta localmente ed il “server” veniva principalmente utilizzato come deposito di informazioni e sempre meno per elaborare.
Oggi i social network sono invece profondamente radicati in entità centralizzate, quindi nuovamente l’interazione avviene tramite dispositivi di comunicazione e non di elaborazione, da qui il successo di Facebook mobile.
Anche nel mondo dei videogiochi stiamo per assistere ad una simile rivoluzione.
È appena stato lanciato onlive, un servizio di gioco online che può essere usufruito da un semplice browser internet su un computer di basse prestazioni, fornendo tuttavia la medesima qualità di gioco delle console di ultima generazione. Come è possibile? Semplicemente spostando il potere di calcolo sui server e non più sul dispositivo locale.
Il servizio di musica presentato da Google per cellulari Android non fa che applicare il medesimo paradigma, offrendo funzionalità che non sarebbero usufruibili basandosi unicamente sulle capacità del dispositivo locale.
Sembra materializzarsi la previsione che l’economia si sposterà dal possesso all’utilizzo, e chiaramente i servizi “Cloud” sono perfetti per questo scenario.

Gabriele Morano è esperto in new media e mobile entertainment