Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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La Grecia, in risposta al dissesto finanziario nazionale, dopo un generoso prestito UE, decide che la via del risanamento dei conti passa anche attraverso l’alienazione del territorio: sono state messe in vendita sei mila isole.
Il governo italiano, forse anticipa il problema, e nell’attuazione del suo federalismo fiscale al fine di ridurre il debito pubblico, offre agli enti locali la possibilità di ottenere i beni statali che ricadono sul proprio territorio. Tale cessione è condizionata ad un progetto di sfruttamento economico tra cui è prevista anche la vendita (d.lgs. 85/2010).
Il principio in sé non lo trovo sbagliato. Ci sono naturalmente tanti se: quando veramente sarà utilizzata come ultima possibilità di valorizzazione l’atto di vendita rispetto ad altre vie che permettano di mantenere il bene di proprietà pubblica? chi e come si valuta la qualità del progetto proposto dall’ente? quali saranno, al di là dell’attuale impegno amministrativo come previsto dal decreto, i beni inalienabili? Queste perplessità di metodo, sottintendono la constatazione di una povertà di fondo. I governi – evidentemente non solo quelli italiani – non sembrano più in grado di fare politica, che significa nel senso alto del termine, di generare la crescita, il benessere collettivo per mezzo dello sviluppo, dell’aumento della produzione e dei consumi. Come una nave in tempesta in procinto di affondare, per alleggerire il carico si getta ogni cosa: accessori, ma anche memorie e strumenti. Quale sarà la meta?
Fabio Severino è vicepresidente dell’Associazione per l’Economia della Cultura