E’ opinione ormai condivisa che la cultura e le attività ad essa collegate rappresentino un importante valore sociale, in quanto possibili strumenti di consapevolezza personale e potenziali veicoli di messaggi indirizzati alla conoscenza e al rispetto delle differenze. Non va trascurata nemmeno la loro funzione di generatori di benessere individuale, così come esemplarmente dichiarato in uno slogan cui si riassume la missione dell’UNESCO: “to build peace in the minds of men and women”. I problemi ai quali è confrontata la nostra società, intrisa di benessere materiale, assai meno di quello immateriale, richiamano questo imperativo della “pace nelle menti” come uno di quelli prioritari e inderogabili, e bene farebbero i nostri governanti a investire di più nel sostegno alla creazione e alla diffusione di prodotti culturali. I valori appena richiamati potrebbero essere inoltre incrementati esponenzialmente se queste attività (creazione e diffusione di prodotti culturali) fossero realizzate in luoghi e spazi sequestrati al malaffare (generatore di disvalori sociali) e riaffidati alla collettività per fini di utilità comune. Sarebbe bello (e utile), dunque, se a anche tal fine fossero formati i giovani che frequenteranno i corsi del Master in gestione delle imprese sottratte alle mafie, proposto dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, in collaborazione con l’associazione Libera e sostenuto dalla Fondazione per il Sud, che segue una simile iniziativa, rivolta a professionisti dall’Università di Palermo (v. articolo di Lucilla Vazza sul Sole24Ore del 6.9.2010: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-09-06/master-gestire-patrimoni-sottratti-080139.shtml?uuid=AYP5nDNC).

Emilio Cabasino è docente di Economia della cultura all’ Università della Tuscia