Il termine “cloud economy” viene applicato in ogni situazione in cui si verifica una “democratizzazione” delle risorse, permettendo a ciascuno di poter sviluppare e distribuire un servizio virtualmente senza alcuna infrastruttura IT. Applicare tali concetti al settore culturale rappresenta una sfida ulteriore, essendo il settore per definizione soggetto ad un particolare status che lo rende a bassa dinamica di produttività (se comparato ad altri settori diversi da quello dei servizi). In una economia cloud, in tal senso, potrebbe intervenire proprio per migliorare i livelli di efficienza del servizio.
L’utente si aspetta quindi due livelli di funzionalità:
– un livello legato alla onniscienza, ovvero, il servizio deve contenere tutti i dati esistenti a riguardo;
– un altro livello legato alla rapidità, ovvero, il servizio deve garantire immediatezza.
Questi due elementi, combinati assieme, porterebbero ad una nuova funzionalità emergente, che anticipa ulteriormente i tempi di attesa del servizio: l’utente vuole il risultato ancor prima di cercarlo (preveggenza).
In una economia cloud, in cui ciascuno può avere accesso ai dati da qualsiasi punto, usando differenti piattaforme, la creatività occupa un ruolo importante, essendo la stessa in grado di dare un senso di crescita e opportunità alla cultura.
Più patrimonio culturale digitalizzato reso accessibile a più persone, in grado di fruirlo in maniera ottimale, determina una crescita esponenziale dell’espressione culturale, sintetizzata nel termine “cloud culture”…

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it