Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Del distretto delle arti a Bologna se ne parla già dalla fine degli anni ‘90: sotto la spinta dell’Università e la giunta dell’oggi senatore Vitali, si dispose la rigenerazione di un’area, allora degradata – seppur centrale – della città, di più di 100mila metri quadri dall’alto valore storico e architettonico.
Il progetto di Aldo Rossi ne interpretò il senso, predisponendo la riapertura dei canali che tanto fecero grande la Bologna medievale, il mantenimento della vocazione artigianal-manifatturiera della città, senza dimenticare l’importanza dello Studium. Nella “Manifattura delle Arti” oggi operano stabilmente le due Istituzioni culturali cittadine, MAMBo e Cineteca, i dipartimenti “della creatività” dell’Alma Mater, una serie di servizi di welfare come asili, studentati e centri sociali per anziani, e diverse importanti attività associative in ambito culturale, su tutte l’Arcigay. Molteplici realtà che tengono alto il nome di Bologna in Europa (basti pensare al prezioso lavoro della Cineteca) e saldo il tessuto sociale che la città da sempre vanta.
Eppure l’area, inaugurata nel 2003, sa ancora di progetto incompiuto. Sa di tanti piccoli grandissimi esistenti, in conclamata sofferenza, che sembrano non riuscire a dialogare in modo fluido, a creare una rete sinergica oltre le singole specificità, ad animare realmente il quartiere. La politica, dopo la definizione del progetto, giunta dopo giunta ne ha abbandonato l’implementazione, che ha quasi concluso il proprio corso a livello strutturale, ma oggi più che mai sembra mancare di indirizzo, di organicità. Non ci si aspetta la svolta ora, in questa coda di commissariamento amministrativo, in un periodo di recessione generale e di particolare pressione sulle casse comunali causa tagli governativi (su tutte il peso dell’incerto destino dell’ICI). Ma è proprio in queste circostanze avverse che bisognerebbe auspicarsi e sostenere una ritrovata centralità della politica, quella sana, quella che pensa ad amministrare (alla Calvino), e che, nell’amministrare, si assume la responsabilità delle scelte in una visione di prospettiva, di ottimizzazione, di gestione e rafforzamento delle sussidiarietà.
In questi giorni, però, in città si discute piuttosto della possibilità di realizzare nell’area un nuovo altisonante progetto: un auditorium per la musica classica, promosso dal Maestro Abbado, che già presenta la firma di Renzo Piano e ingenti sostegni economici privati. Il rimando al Parco della Musica di Roma è ardito, ma immediato. E l’appeal dell’idea indiscutibile. Sul suo fluido inserimento nelle dinamiche della Manifattura e della città tutta, tuttavia, i pareri si dividono. Ai posteri l’ardua sentenza, ma una prima riflessione, che privilegia il sostegno, la valorizzazione e la messa a sistema dell’esistente, rispetto alla creazione di entità ex-novo, di questi tempi sembra inevitabile. Così come l’inclinazione verso un progetto partecipato, condiviso dall’Amministrazione Pubblica con l’utenza, con gli operatori di settore e i tecnici, secondo una precisa analisi dei bisogni e delle peculiarità del territorio, versus un’iniziativa privata estemporanea, per quanto illuminata o illustre.
Non dev’essere un caso, quindi, che buona parte di Bologna nel mentre stia attendendo il 15 maggio, e con esso il suo prossimo Sindaco.
Chiara Galloni è ricercatrice in economia della cultura