Il ministro della Cultura Sandro Bondi annuncia su il Giornale che rassegnerà “presto” le dimissioni.
Il premier gli ha detto che “se ne occuperà non appena sarà possibile”. E qui non abbiamo che da maledire Ruby, Lele, Fede e altri birbanti che rubano il tempo a un premier che con Bondi allo sbando, peggio della Bindi al bando, avrebbe ben altro di cui occuparsi.
“La decisione di dimettermi – scrive Bondi – è innanzitutto una piena e consapevole scelta di vita maturata in secondo luogo dalle difficoltà incontrate”. Bondi lamenta che il sostegno gli è mancato “nel momento in cui più mi sono trovato in difficoltà”. Qui molti dei suoi colleghi di governo dovranno fare un esame di coscienza, realizzare finalmente che quella presenza nelle foto di gruppo non era una trovata delle Iene, o Claudio Bisio passato al trucco, ma un Ministro a qualcosa. Qualcosa che non si mangia (ma che fa mangiare molti).

Pare che il Coordinamento Precari dello Spettacolo, così come i disoccupati del settore dei teatri e dei musei, attendano solo che entri nelle loro fila e, come benvenuto,  stiano raccogliendo attestati di stima da lanciargli la prima volta che oserà ripresentarsi anche solo allo spettacolo di fine anno della nipotina.
Lui va per la sua strada: «Le vicende del Milleproroghe hanno ulteriormente evidenziato la mia incapacità di mantenere gli impegni che avevo preso, e nel richiedere un minimo di coerenza nell’ambito dei provvedimenti riguardanti la cultura», dice il nostro. E ha ragione. Lo hanno trattato come al Bunga Bondi e non ne può più. E pensa così di lavarsene le mani. Beato lui che vive di poesia.

Samuel Saltafossi è Sociologo della complessità