“Il cinema è l’arma più forte” recitava il grande striscione con l’immagine di Mussolini all’inaugurazione dei nuovissimi studi sulla Tuscolana 74 anni fa.
Da struttura di regime ad Hollywood sul Tevere, una storia meravigliosa raccontata  nell’evento CINECITTA’ SI MOSTRA, che dal 29 aprile ha aperto a tutti un patrimonio di scenografie, costumi, ricostruzioni spettacolari che sono in primo luogo testimonianza della grande professionalità e capacità creativa raggiunta nel tempo dai nostri mestieri del cinema.
Si entra con il soggetto e si esce con il film montato, recitava uno slogan pubblicitario. Ed infatti il percorso espositivo riproduce ogni fase specifica di realizzazione di un film, dalla sceneggiatura alla post produzione, ripercorrendo il lavoro e i mestieri delle figure coinvolte alla realizzazione dell’opera finita.
Ma Cinecittà oggi è ancora questo? Intanto una prima considerazione: il prezioso marchio Cinecittà è oggi di proprietà di due strutture diverse.
Una pubblica, Cinecittà Luce, che comprende anche l’omonimo prezioso archivio ed è ciò che rimane dell’Ente Gestione Cinema, struttura dell’era delle Partecipazioni Statali; e una privata, Cinecittà Studios, cioè la parte produttiva, frutto della privatizzazione di qualche anno fa, facente capo ad una cordata di imprenditori guidati da Luigi Abete .
Questa società è la vera erede della Fabbrica dei Sogni; circa 200 dipendenti, grande know how, Studios che sorgono su una superficie di 400.000 mq, credibilità sul piano internazionale che ha portato produzioni di grande impegno, come Gangs of New York di Scorzese  o la serie televisiva “Rome” della HBO. La fedele ricostruzione di New York inizio secolo e l’imponente Roma antica di cartapesta sono visitabili nel percorso della mostra.
Ora però non è più molto facile intercettare grosse produzioni internazionali. Molti paesi dell’est europeo e del mediterraneo sviluppano una politica di dumping per accaparrarsi le produzioni usando sostegni ed incentivi statali a man bassa. Così, non ultimo, il film di Tornatore BAARIA trova la strada del Marocco per essere realizzato negli studi di Ouarzazate.
Il confronto con analoghe strutture produttive europee come Babelsberg in Germania e Pinewood in Inghilterra non regge, ma di certo non possiamo buttare la croce solo sugli Studios romani. La Germania e l’Inghilterra sono paesi dove esiste una seria politica industriale nell’ambito della quale un posto importante è riservato all’industria della conoscenza in grado di creare indotto, di far vendere auto, abiti, tecnologia, di creare soprattutto immagine e stile di vita, cioè tutto quello che ha rappresentato Cinecittà per il Made in Italy fino agli anni settanta.
La mostra, voluta dagli Studios anche forse per rintuzzare gli attacchi che attribuiscono a Cinecittà una volontà di progressiva dismissione dal suo ruolo storico e produttivo per acquisirne invece uno più speculativo ed immobiliare, va quindi apprezzata e vissuta aldilà del valore eccezionale dell’evento. Va letta infatti anche come un impegno per il rilancio produttivo, per la definizione di una politica industriale adatta alle attuali condizioni del mercato, per la salvaguardia occupazionale e del patrimonio di professionalità che non ha uguali nei paesi emergenti e per il ruolo che può svolgere ancora per una città come Roma a partire dalla sua storia di grande fabbrica dell’immaginario, così interconnessa con quella del  territorio che l’ha vista nascere ben 74 anni fa.

Enzo Ciarravano è stato responsabile delle Direzione Regionale Beni ed Attività Culturali, Sport. Regione Lazio 2005-2010