In questi giorni impazza il dibattito sull’euro, esposto ai capricciosi colpi dei mercati finanziari. Il tema viene affrontato a tutti i livelli, in Italia come all’estero, dalle banche e dalle istituzioni, dai tecnici fino agli avventurieri dell’economia monetaria.
L’aspetto (tragi)comico è che molti discettano, magari con convinzione, su cosa accadrebbe nell’ipotesi di dissoluzione dell’unione monetaria europea, ma nessuno è veramente in grado di predire cosa accadrebbe. Va infatti chiarito che la moneta unica fu pensata e codificata nella legislazione europea sul presupposto dell’impossibilità di uscirvi. Questo ha due implicazioni, tanto semplici quanto importanti. In primo luogo la rinuncia di un paese all’euro non potrebbe avvenire senza violare i vigenti trattati europei, ossia senza uscire dalla UE. Inoltre, la rottura di un sistema che era stato pensato per durare secoli avrebbe risultati inimmaginabili e imprevedibili anche ai più raffinati economisti.

Per capirci, è come se in una diga progettata per far defluire le acque dagli appositi scarichi, decidessimo di perforare gli argini in punti arbitrari, magari perché non soddisfatti della portata attuale. Quale progettista potrebbe mai rassicurarci dell’assenza di effetti estremi e indesiderati? Nel caso dell’euro l’incertezza sarebbe anche maggiore. Invece di confrontarci con le leggi della fisica dovremmo anticipare le reazioni dei governi, che rimandano all’indeterminazione delle scienze sociali, nonché degli imprevedibili mercati finanziari. E’ vero, tanti si stanno cimentando nell’esercizio di disegnare scenari, in alcuni casi anche per orientare le opinioni a proprio favore. Ma chi ha un minimo di giudizio si rende conto che ogni scenario è avvolto da un’aura di incertezza talmente ampia da renderli poco più che fantaeconomici. Ad esempio, l’uscita dall’euro di un paese “debole” implicherebbe necessariamente una svalutazione drammatica della nuova valuta? Non sappiamo nemmeno questo con certezza, in quanto questo tipo di esito, già di per sé disastroso, potrebbe essere limitato da controlli amministrativi così forti da neutralizzarlo. Ma, a cascata ne deriverebbero esiziali spinte verso il protezionismo e l’autarchia,  i cui effetti sull’industria turistica sono facilmente intuibili. Anche queste sono solo congetture, indefinite in termini di probabilità, ma da considerate seriamente in quanto supportate dall’analisi storica. Una costante che sembra infatti ricorrere nei pochi precedenti di uscita da una moneta legale è che a tali eventi essi sono seguite rivolte interne, regimi autoritari, guerre e cambiamenti degli assetti geopolitici.
Per concludere, l’euro ha certamente dei difetti, ma come possiamo pensare di farne a meno senza avere una ragionevole idea delle conseguenze? Pur con tutti i suoi problemi teniamocelo stretto.

Numeria è una giovane economista