Nei giorni scorsi la stampa ha dato voce, per bocca di Pietro Longhi presidente dell’Agis laziale, al grido di allarme dei teatri e delle sale cinematografiche rispetto al mancato pagamento da più di tre anni di contributi assegnati della Regione Lazio, oltre 6 milioni di euro, per iniziative e investimenti infrastrutturali regolarmente sostenuti.

Se il finanziamento pubblico alla cultura comporta fisiologicamente tempi di liquidazione lunghi, pur avendo gli operatori metabolizzato questo assunto con missionaria pazienza, il credito del Lazio, per la cifra impressionante e la fragile economia del sistema spettacolo, può avere conseguenze drammatiche trattandosi di attività per le quali sono stati già anticipati i costi, con una forte esposizione delle imprese. Emergono alcuni temi.

In primo luogo la debolezza strutturale sul piano finanziario delle organizzazioni culturali, sprovviste di patrimonio adeguato e con difficile interlocuzione con il mondo del credito. I flussi monetari sono inevitabilmente legati alla progettualità e ai ricavi loro connessi e se, come in questo caso, saltano le erogazioni, è il sistema a entrare in crisi con un effetto domino su offerta, reputazione e sostenibilità delle imprese, oltre al futuro dei lavoratori. Occorre forse che l’associazionismo di settore intensifichi la creazione di forme tecniche di supporto, come fondi di rotazione e di garanzia. In secondo luogo la Pubblica Amministrazione, a ogni latitudine, pretende l’incasso di imposte e contributi in maniera puntuale, sanzionando i ritardi, ma è cattiva pagatrice. Se la sfida sull’efficienza pubblica va spostata anche su questo fronte, quando sarà possibile compensare debiti erariali con crediti verso maturati il pubblico, oppure  cedere gli stessi crediti a terzi senza vincoli e opposizioni? A livello intersettoriale si dovrebbe insistere su questo aspetto che darebbe respiro alle imprese e un maggiore equilibrio al rapporto cittadino-istituzioni.

Infine la vicenda rivela che non è più solo una questione di minori risorse per la spesa culturale, date le difficoltà di bilancio pubblico e ben altre priorità, ma si assiste alla perdita di legittimazione totale della cultura, una deriva davvero inquietante. Nel caso del Lazio, alle prese con problemi seri come il debito della sanità, c’è necessità di una maggiore pianificazione amministrativa e di orizzonti prospettici e strategici sulla cultura che, salvo qualche buona intenzione come la proposta di legge sull’audiovisivo, faticano a trovare reale concretezza e centralità. Rischia di tradursi il tutto in una certa volgarità che non fa bene alla politica. Il caso della discarica vicino a Villa Adriana basta da solo. Due considerazioni finali. A Longhi, in assenza di date certe d’incasso, conviene dare una risposta forte e assistere le imprese dello spettacolo in azioni che prevedano anche lo strumento del decreto ingiuntivo per il recupero del credito, valutando i termini dell’azione di classe. È una questione di dignità, correttezza e fiducia da riacquistare. Per la Regione speriamo non valga quel proverbio citato da Gogol ne L’ispettore generale: “Non prendertela con lo specchio se la tua faccia è storta”.