Ogni intervento su un bene culturale tutelato, che sia una statua o un dipinto, prevede sempre una approfondita analisi preliminare del materiale costitutivo, dello stato di conservazione e delle operazioni da effettuare per limitare il degrado e infine per restituire una corretta lettura dell’opera stessa.
L’insieme di operazioni che sinteticamente viene chiamato restauro è condotto seguendo alcune raccomandazioni (UNI – NORMAL) che indicano cosa può essere nocivo per l’opera e di conseguenza cosa è necessario evitare.
Per mantenere l’integrità dell’originale è necessario l’uso di materiali e metodi reversibili, ammesso che esista qualcosa di totalmente reversibile poiché anche l’acquarello può lasciare dei residui all’interno della porosità dell’intonaco.
Riguardo la reintegrazione si possono utilizzare varie soluzioni che tengano conto del sito, del manufatto, del suo eventuale utilizzo e persino dell’epoca di realizzazione.
La riproposizione di un braccio perduto di una statua antica è inaccettabile perché interpreta in maniera arbitraria un elemento importante dell’opera, mentre una decorazione a tempera ripetitiva che presenta delle lacune molto probabilmente verrà completata in maniera mimetica; solitamente però gli interventi di reintegrazione sono resi riconoscibili per differenziarli dalle porzioni originali e questo criterio si applica su opere molto diverse, dai dipinti ai monumenti.
L’obiettivo di ogni intervento deve essere quello di conservare e valorizzare le opere utilizzando metodi non nocivi, materiali affini e reversibili e teorie sulla reintegrazione modulate al contesto specifico in uno scenario in cui la ricerca scientifica e tecnica offre sempre nuove possibilità di soluzioni ed utilizzazioni.
Una cautela speciale è necessaria nel caso dei consolidanti che per definizione penetrano nel materiale originale e possono nel tempo provocare danni irreparabili.
Il concetto stesso di consolidamento è molto complesso e deve tener conto di fattori meccanici, chimici, climatici e delle variabili possibili; deve garantire un miglioramento costante nel tempo del materiale originale e solo dopo numerose verifiche in laboratorio è possibile utilizzare un nuovo consolidante sul manufatto artistico.
In definitiva si può affermare che la natura inorganica dei materiali geopolimerici è senza dubbio una caratteristica interessante per il loro utilizzo nel campo della conservazione in diverse modalità: come leganti per malte da restauro, come inerte per le microsabbiature, per la produzione di pietre artificiali di sostituzione, per il riempimento di lacune, come adesivi, come pannelli per supporti, mentre per il loro utilizzo come consolidanti al momento sembrerebbe necessario approfondire il tema con prove e controlli più approfonditi per ottenere ulteriori garanzie.

Carla Tomasi è Presidente dell’Associazione Restauratori d’Italia