È di pochi giorni fa la denuncia del presidente del Municipio XI di Roma, Andrea Catarci che ha fatto notare come la Città dei Giovani, pensata come nuovo centro di aggregazione a prevalente fattore culturale, abbia ora modificato l’iniziale mix funzionale dei servizi nei disegni del comune di Roma, a favore del business commerciale.

Ricordiamo che nel piano originario, il “quadrilatero magico” degli ex mercati generali prevedeva quattro differenti spazi da destinare ad altrettante attività, all’interno delle quali la cultura ricopriva un ruolo prevalente (35% del totale) rispetto a ristorazione, terziario e commerciale.
Tuttavia, una delibera della giunta capitolina, approvata lo scorso 16 marzo su proposta della società aggiudicatrice della concessione pubblica, la Sviluppo Centri Ostiense della Lamaro Appalti, holding dei fratelli Toti, ha stabilito la cancellazione degli spazi destinati a un maxi teatro e ai relativi servizi annessi all’interno del progetto dell’archi-star Rem Koolhaas. Uffici e servizi commerciali vengono così preferiti a quello che sarebbe dovuto diventare il secondo Auditorium romano, nonché il cuore culturale della Città dei Giovani.

Una decisione che peraltro rappresenta un’alterazione degli indici del bando, snaturando il maxi piano previsto nella gara che voleva la rinascita culturale del quartiere Ostiense, sulla scia di un disegno avviato con i capannonicult dell’ ex mattatoio e con l’apertura della Centrale Montemartini, che continuerebbero così a restare progetti di valore ma isolati e non integrati all’interno di un percorso coerente in uno dei quartieri urbani a più alto tasso di trasformazione.

E così, per la seconda volta nella storia recente dei municipi capitolini, la crisi dell’edilizia torna a dettar legge sulle politiche di valorizzazione urbana della città. È già successo con la torre dell’EUR di Renzo Piano, e lì si è tornati a ripensare il progetto. Anche stavolta, il potenziale innovato dell’iniziativa non può esser svilito a favore del lucro di pochi. È il modello gestionale e organizzativo la chiave di volta per vincere la sfida del benessere locale.

Per questo motivo vorrei rivolgere qui su Tafter una grande call a quanti intendano sostenere la valorizzazione del territorio attraverso la promozione di iniziative a sostegno della comunità locale. L’idea è quella di un azionariato popolare: Comune di Roma e cittadini residenti uniti in una società per azioni volta al sostegno della cultura nel segno della democraticità, dell’assenza di lucro, della sostenibilità e della vasta partecipazione.
Una diffusione della proprietà azionaria che noi stessi ci offriamo non solo di promuovere ma anche di sostenere, con una quota di avvio dell’iniziativa del 51% offerta dal Comune di Roma in cambio dell’eliminazione degli oneri concessori, lasciando la restante parte (49%) all’adesione estesa.

I benefici per i privati azionisti “non istituzionali” potrebbero calcolarsi in termini di acquisto di biglietti in anticipo, ingressi agevolati, sconti in negozi convenzionati, e tante altre soluzioni da studiare; tutto con ripercussioni immediate nel territorio, tanto in termini di qualità della vita quanto di sviluppo economico e di risparmio di spesa. L’azionariato popolare è un istituto anglosassone diffuso nel mondo sportivo, per il quale non esiste in Italia un riferimento normativo specifico. Ma, sulla scorta del postulato costituzionale per cui “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale” (art. 18 cost.) è possibile permettere agli stessi residenti di riscattare il valore del loro quartiere e di beneficiare del potenziale inespresso che vi soggiace.