Poter esporre una laurea nel salotto buono sta diventando un vero diritto, paragonabile al poter posteggiare in doppia fila o rifarsi glutei e pettorali.
Persone normali e Vip rincorrono il possesso del pezzo di carta come e più dell’ultimo modello di IPad. Per averla vale tutto, come in certe arti estreme di combattimento.
Le vicissitudini del Trota che si è laureato a sua insaputa in un prestigioso ateneo albanese prima ancora di conseguire il diploma superiore vanno oltre qualsiasi possibile sceneggiatura del filone cinesociologico sommamente espresso da Bombolo, er Monnezza e dalla professoressa Fenech.

Il presidente ungherese Pal Schmitt si è dimesso per aver copiato la tesi, qualcosa di simile è capitato al ministro tedesco zu Guttenberg, e ora anche l’AD di Yahoo, Thompson, lascia la poltrona per una millantata laurea in informatica.
Insomma, per avere una laurea si fa di tutto, incluso usare la Mastercard. E perché poi? Per padroneggiare i congiuntivi? Per fare piacere a papà? Per avere più chance nel trovare lavoro?
No, i congiuntivi rimangono irrisolti, Almalaurea poi certifica che la laurea non aumenta la possibilità di occupazione né il salario di ingresso nelle aziende, papà è già stracontento se non spacci anfetamine.
La laurea piace perché la laurea è per sempre.
Lo è più di un diamante presto destinato al Banco dei Pegni, è cento volte più duratura di un matrimonio o di una storia d’amore, di un fido in banca, di un’amicizia, di una casa ipotecabile, di una fede politica.

Nessuno (se è vera) te la toglie, in nessuna condizione di ricchezza o povertà. Ecco allora che diventa l’ultimo baluardo alla precarietà. La laurea non si presta, non stinge, neppure diventa obsoleta. Nel nord Italia garantisce il titolo di ‘dottore’ e nel centro-sud quello di ‘professore’ (perché ‘dottore’ non si nega a nessuno).
Insomma, per un popolo senza certezze, la laurea è come la coperta per Linus. Peccato che in un mondo di adulti non si possa vivere nei fumetti pensando pure di essere dei supereroi.

Samuel Saltafossi è sociologo della complessità