Le azioni che il governo ha messo in atto per il rilancio del SUD sono diverse e molteplici, dagli aiuti alle start-up, che nell’attuale legislatura sono diventate elemento portante della politica portata avanti dal Ministero dello Sviluppo Economico, agli incentivi per le assunzioni e a forti misure contro la dispersione scolastica.

In uno scenario non certo roseo, il governo italiano sta facendo un lavoro intenso per mettere il Mezzogiorno al centro della sua agenda politica, per trovare binari che possano incentivare e spingere l’economia in aree storicamente depresse della nostra penisola. Ma non dobbiamo dimenticare che questi territori hanno ricevuto dal 1951 sino al 1992, tramite l’allora Cassa del Mezzogiorno, finanziamenti per un totale di 279.000 miliardi di vecchie lire che, indicizzati e convertiti nella moneta unica europea e suddivisi per gli anni di erogazione, rappresentano finanziamenti pari a 3 miliardi di euro all’anno.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti e sono molto discutibili; i governi passati hanno cercato di sviluppare una forte politica industriale nelle regioni del Mezzogiorno, attraverso appalti e operazioni dalla portata mastodontica che sovente hanno avuto come unico risultato la creazioni di numerose “cattedrali nel deserto”, strutture imponenti lasciate a sé stesse e abbandonate al più completo degrado.

L’attuale esecutivo tecnico, presieduto da Mario Monti, sta elaborando operazioni più precise, attraverso interventi mirati su temi che rispettano le indicazioni della Comunità Europea: agenda digitale, istruzione, sgravi fiscali a favore delle aziende che assumono giovani svantaggiati, auto-impiego ed imprenditoria giovanile. Ed è da qui che secondo noi non solo il Mezzogiorno ma l’Italia intera può ripartire, dalla capacità di indurre i giovani a restare, creando le condizioni perché possano trovare una piena realizzazione umana e professionale, grazie alla nascita di nuove professioni connesse alla valorizzazione e alla promozione del territorio in cui vivono.

Il Sud deve diventare entro il 2020  (quando secondo il programma strategico comunitario denominato “Europa 2020” l’UE dovrebbe raggiungere: un innalzamento al 75% del tasso di occupazione della popolazione attiva (20-64 anni); un incremento degli investimenti in R&S e innovazione; una riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (30% qualora le condizioni lo consentano) rispetto al 1990; una diminuzione degli abbandoni scolastici al di sotto della soglia del 10%; e un restringimento delle persone a rischio o in situazione di povertà o emarginazione) il laboratorio dove incubare e far partire progetti strategici per l’intero Paese sui temi cardine dei prossimi 10 anni: cultura, turismo, ambiente.

Ci si può riuscire solo attraverso la creazione di un terreno fertile su cui coltivare un nuovo modo di fare impresa, incentivando il libero mercato, snellendo l’apparato burocratico e soprattutto combattendo la grande battaglia legata al tema della legalità.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it