L’ibridazione tra tv e  rete è un processo affascinante e irreversibile. Mentre le più grandi community sui social network sono collegate proprio a programmi televisivi “tradizionali”, sulla rete nascono e si moltiplicano webseries, caratterizzate da un linguaggio specifico capace di stimolare interazione con il pubblico.
Contenuti “non lineari” scovati da fasce sempre più nutrite di utenti che grazie al web hanno ampia libertà di scegliere dove, cosa e quando fruire di determinati contenuti. Fenomeno ancora poco esplorato nel nostro Paese, le webseries stanno prendendo rapidamente piede come dimostrano numerosi casi da quelli più noti come Freaks e Travel Companions, (migliore web commedy straniera al Los Angeles Webseries Festival dell’anno scorso) ad altri interessanti iniziative come la sitcom Samantha & Samantha o ancora Lost in Google, divertente esperimento di regia interattiva in cui gli attori si lasciano guidare dai commenti degli spettatori. Fino ad arrivare alle serie Mind e alla recente Alt ,entrambe girate nella capitale.
Questi format nascono, si sviluppano e si consumano nella rete, vedono come protagonisti giovani webmakers  puntano ad una visibilità internazionale come dimostra il numero crescente di prodotti con sottotitoli in altre lingue rivolgendosi a platee extradomestiche.
In una fase di contrazione degli investimenti in produzione originale da parte dei broadcaster, cosa aspettano i produttori televisivi più illuminati ad intercettare queste energie creative che pur muovendosi in un mercato che vive una fase embrionale, iniziano a destare una certa attenzione anche da parte del mondo pubblicitario?

Bruno Zambardino è analista senior della Fondazione Rosselli e Direttore didattico As.For. Cinema