Ritengo che la comunità degli operatori del sistema culturale italiano (assessori, decisori di enti pubblici e imprese private, professionisti, studiosi, giornalisti specializzati…) debba riflettere su come talvolta documenti complessivamente vacui assurgono ad immeritata notorietà e talvolta elaborazioni approfondite non beneficiano dell’attenzione che meriterebbero: qual è il giudizio che si può manifestare nei confronti del tanto decantato (dai più) “manifesto” promosso dal quotidiano “il Sole 24 Ore”, pubblicato il 19 febbraio 2012, “niente cultura, niente sviluppo”?! Ha raccolto migliaia di firme (non la nostra), ha provocato decine di articoli (anche se per la quasi totalità su “il Sole 24 Ore”), ma non ha prodotto assolutamente nulla di concreto. I tre ministri tre (Ornaghi, Passera, Profumo) che hanno apposto la loro graziosa firma a sostegno del manifesto confindustriale hanno contraddetto bellamente le loro intenzioni, divenendo corresponsabili, in questi mesi, di ulteriori riduzioni dell’intervento pubblico a favore della cultura (così come della ricerca, dell’università, della scuola…). In nome di una “spending review” malamente interpretata, hanno messo in atto tagli orizzontali, irrazionali ed indiscriminati, senza alcuna “vision” strategica o anche soltanto sistemica. Si può anche sostenere che enti come Cinecittà o il Centro Sperimentale di Cinematografia o la Discoteca di Stato non brillassero per efficienza ed efficacia, ma non è la loro cancellazione d’autorità o incorporazione ibridata al Mibac a poter determinare una reale razionalizzazione… E la stessa Confindustria (nelle sue varie anime, da Confindustria Cultura Italia a Confindustria Digitale, con tutte le contraddizioni interne del caso) non sembra aver reagito come sarebbe stato naturale, di fronte allo scempio in atto.

Accantoniamo queste tristi rilevazioni, e segnaliamo che, dalla primavera del 2011, un gruppo di alcune decine di operatori del sistema culturale ha promosso l’elaborazione di un documento aperto, all’interno di un laboratorio sulle politiche culturali voluto dalla Fondazione Democratica – Scuola di Cultura (www.scuoladipolitica.it: un’iniziativa di Walter Veltroni), coordinato da Gianni Borgna (il più longevo assessore alla cultura d’Italia). Il documento, intitolato “Appunti e proposte per una Agenda della Cultura”, è stato illustrato, il 25 maggio 2012, da Veltroni e Borgna al Ministro Ornaghi, in un incontro informale che ha registrato l’attenzione di poche testate giornalistiche (dal “Corriere della Sera” a “l’Unità”).

Chi scrive queste note, ha avuto il piacere di collaborare al coordinamento redazionale del documento ed è in qualche modo partigiano. L’Agenda non ha pretese rivoluzionarie né vocazioni esaustive, ma semplicemente propone un set di argomenti critici ed una serie di proposte operative e strategiche: assai più concrete – sia consentito – delle belle intenzioni del manifesto confindustriale. Il Ministro Ornaghi, elegante accademico, ha dichiarato di aver apprezzato l’“Agenda”, e che ne avrebbe fatto tesoro. Ma, a distanza di un paio di mesi, sembra che essa non abbia provocato nel Ministro alcuna “inversione di marcia”, rispetto alla tendenza in corso di contrazione della spesa (e basta): sadomasochista e suicida dinamica, incomprensibile per un governo di tecnici che pure si dichiara – a parole, appunto – convinto della funzione strategica della cultura per la socio-economia della nazione.

Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult