Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Un recente studio dell’ANICA, presentato in questi giorni al Venice Film Market della Mostra del Cinema di Venezia ha messo a nudo una delle principali debolezze del cinema italiano, ovvero la sua scarsa propensione all’export.
Nel periodo 2006-2010, il valore commerciale delle transazioni ammonta a soli a 45 milioni di euro, ovvero il 7-8% dell’investimento dei privati nella produzione, una percentuale davvero troppo bassa rispetto alle potenzialità del nostro cinema. Solo un film, Gomorra di Matteo Garrone, è riuscito ad ottenere più di un milione di spettatori all’estero, seguito a grande distanza da Winx Club – Il segreto del regno perduto, Pranzo di Ferragosto e Mine Vaganti. Sono dati che dovrebbero indurre addetti ai lavori ed istituzioni ad adottare tempestivamente interventi concreti per invertire la rotta e recuperare il gap competitivo con le altre cinematografie.
Occorre prendere atto dell’incapacità storica di fare sistema tra i vari soggetti impegnati nella promozione internazionale delle nostre opere, da Cinecittà Holding alla nuova agenzia ICE. I numerosi piani di razionalizzazione si sono infatti sempre scontrati con una forte discontinuità nella gestione di tali strutture e una carenza cronica di risorse a sostegno dei nostri agenti di vendita i quali, nella gran parte dei casi, si vedono soffiare le opere italiani migliori dalle potenti società di distribuzione estera in possesso di portafoglio titoli più ricco e diversificato.
Eppure la nostra cinematografia contemporanea non sfigura affatto in termini di premi e riconoscimenti ottenuti nei più importanti festival e mercati internazionali. Le ricette per invertire il trend e fare in modo che le nostre produzioni escano effettivamente in sala fuori dai nostri confini e registrino incassi più significativi di quelli attuali sono note, a partire da un maggior coordinamento tra gli attori coinvolti e da una spinta maggiore verso le coproduzioni, vera arma vincente dei nostri cugini francesi, scegliendo 4 o 5 mercati potenziali (leggi Paesi del BRIC) sui cui investire con decisione. Ma la vera priorità è dare spazio ai registi contemporanei trovando finalmente il coraggio di non continuare a poggiare i nostri allori sul passato, riproponendo ancora una volta l’ennesima rassegna o retrospettiva su Sofia Loren o Marcello Mastroianni, con tutto il rispetto per i mostri sacri del passato.
Non basta vantarsi della più alta quota di mercato a livello europeo (siamo davanti alla Francia): occorre fare un salto di qualità e scommettere maggiormente sulle coproduzioni, unica leva che consentirebbe di allargare i confini geografici delle nostre opere.
Bruno Zambardino è analista senior della Fondazione Rosselli e Direttore didattico As.For. Cinema