La sessantasettesima sessione annuale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite si è aperta, come di consueto, a New York, il 18 settembre scorso. Vi hanno partecipano 165 delegazioni dei 193 Stati membri; di questi 120, almeno inizialmente, a livello di Capi di Stato e di Governo.
La sessione cade in un periodo storico caratterizzato dalla crisi siriana e dall’ondata di proteste in tutto il Medio Oriente contro il film su Maometto che ha portato, tra l’altro, all’uccisione dell’ambasciatore americano in Libia.
Numerosi i temi in Agenda che verranno trattati nei prossimi mesi: dalle questioni della sicurezza in Africa e Asia, a quelle della riforma del Consiglio di sicurezza, dal tema dello sviluppo sostenibile, dopo la Conferenza di Rio+20, alla tutela dei diritti umani (abolizione della pena di morte, libertà religiosa, diritti delle donne e dei bambini), dal ruolo della mediazione nella risoluzione pacifica dei conflitti al disarmo.
Nei discorsi dei principali leaders internazionali le tematiche ricorrenti sono state essenzialmente due: la questione siriane e l’acquisizione delle armi nucleari da parte dell’Iran.
Nel corso della seduta inaugurale, il Segretario generale della ONU, Ban Ki-moon, oltre a sottolineare la necessità di trovare una soluzione condivisa per il conflitto israelo-palestinese, non più rinviabile, si è soffermato, appunto, sull’emergenza siriana e sulla continua violazione dei diritti umani perpetrati dalle forze governativa e da quelle ribelli. Così anche il Presidente degli Stati Uniti, Obama, che, oltre ad auspicare la fine del Regime di Bashar al Assad, si è impegnato per impedire all’Iran l’acquisito di armi nucleari. Sulla stessa linea il Capo di Stato francese, Hollande, che ha condannato la minaccia atomica iraniana ed ha chiesto all’ONU di difendere quelle zone nel territorio siriano in mano ai ribelli, mostrandosi pronto a riconoscere un eventuale governo siriano di transizione.
In generale, però, gli incontri di alto livello, tenutesi nella prima settimana della 67° sessione dell’Assemblea generale (18 settembre – 1 ottobre), non hanno portato ai risultati sperati. Per quanto riguarda la crisi libica, in particolare, la difficoltà di raggiungere una posizione comune all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per la minaccia di veto di Russia e Cina, ha impedito l’adozione di misure più stringenti.

Andrea Crescenzi è tecnologo presso l’Istituto di Studi Giuridici Internazionali del CNR