Un imbarazzante spettacolo è stato messo in scena al Teatro Eliseo di Roma nella giornata di ieri in cui ci si è resi conto che chi gestisce il nostro più grande bene non ha visioni a lungo spettro e nessun tipo di scenario.
La giornata, organizzata anche in modo approssimativo, avrebbe meritato sicuramente una location più idonea ma la cosa che più ha fatto tristezza è stato quello che abbiamo visto alle 18 in punto.
Lo smontaggio frettoloso dell’impalcatura che era servita a sorreggere questo spettacolo perché il Teatro – sempre affascinante- doveva mettere in scena il suo spettacolo serale e la levata a gambe di tutti i protagonisti della giornata.
Così ci siamo ridotti a raccontare il futuro della cultura e della sua produzione culturale, chiedendo in prestito gratuito un Teatro, che racconta un grande e glorioso passato, ma non può interpretare e raccontare il futuro.
In una giornata lunga e tediosa si sono accavallate tante persone per lo più incapaci di parlare del futuro che sempre ripropongono i cavillosi temi del passato( mancano fondi, come è stato ridistribuito il FUS, etc).
Dai loggioni hanno gridato, inveito contro quasi tutti gli interventi: hanno chiesto visioni, opportunità, quelle che in tanti avevano sperato potessero arrivare da un Manifesto urlato a gran voce sul quotidiano economico nazionale e che purtroppo ha invece messo in luce le sue effimere debolezze.
I proclami di quest’ultimo anno avevano in tutti noi dato il coraggio di pensare che qualcosa sarebbe successo. Ed invece, la zattera del Manifesto per la Cultura, su cui tanti sono saliti nell’ultimo anno, è affondata: perché era stata costruita male, perché nessuno di quelli saliti a bordo era carpentiere o maestro d’ascia ma tutti inguaribili comandanti che discutevano da dove soffiava il vento mentre il fasciame delle murate si sgretolava sotto i loro piedi.
Ieri l’acqua fredda l’hanno sentita alle caviglie e anche gli stessi politici, chiamati alla messa in scena hanno tentato di portare la zattera sulla terra dell’equilibrio e del dialogo.
Come non citare l’ultimo intervento del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera che, in modo quasi imbarazzante, ha ricordato che la cultura è il motore del paese; peccato che si sia dimenticato di accennarlo e scriverlo nel suo ultimo decreto Sviluppo.
Cos’altro dire: l’Italia ha bisogno di persone che sappiano sporcarsi le mani, che lavorino nell’industria culturale lottando affinché si produca profitto e non elemosinando fondi.
Di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati e navigatori il nostro Paese ne ha piene le tasche: servono uomini che sappiano prendersi le proprie responsabilità ragionando in un’ottica di raggiungimento di obiettivi concreti, anche di fatturato.
A Fabrizio Barca, Gabriella Belli, Antonio Cognata, Walter Santagata e agli altri chiediamo di partecipare realmente a questa accelerata. Chi ostacolerà, ostacolerà solo se stesso.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it