Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Prendiamo spunto dall’ultima vicenda dell’ex cinema America, per parlare dell’occupazione dei teatri e degli spazi culturali in genere, che sembra essere diventata l’unica soluzione per il risolvere il momento di crisi che il mondo dello spettacolo sta attraversando.
Un altro esempio, di cui abbiamo letto nei giorni scorsi, è quello del Teatro di Ostia che grazie all’occupazione avrebbe ripreso “regolarmente” la sua attività. In realtà si trattava di una struttura momentaneamente chiusa perché la sua gestione costava alle casse comunali 900 mila euro all’anno, una enormità anche in relazione alle attività svolte e a risultati raggiunti, soprattutto perché nel mentre strutture teatrali gestite da privati a Ostia creavano realtà solide e realmente radicate nel territorio senza aiuti pubblici, come nel caso del Teatro Nino Manfredi, del Teatro Dafne e del Teatro Fara Nume.
Ma casi, purtroppo, non si limitano a quelli indicati ci sono anche il Teatro Palazzo, il Cinema Augustus ed il Teatro Valle, che probabilmente è stato quello che ha dato il via a tutti gli altri con la sua occupazione iniziata il 14 Giugno del 2011 e che va avanti quindi da oltre un anno.
Questi esempi servono ad evidenziare il vero problema relativo alle occupazioni, cioè che per quanto possano essere motivate da buone intenzioni e, a volte, riescano ad ottenere risultati magari apprezzabili, queste viaggiano comunque sempre sul filo conduttore dell’illegalità.
L’Agis Lazio, l’associazione di categoria dello spettacolo dal vivo nel Lazio, che rappresenta anche oltre 70 esercizi teatrali, in questi anni si è impegnata in una serie di iniziative volte a denunciare le anomalie permanenti che condizionano il settore spettacolo con denuncie all’Antitrust rispetto allo squilibrio che esiste tra pubblico e privato, e alla Corte dei Conti riguardo alla cattiva gestione dei fondi pubblici destinati al settore a livello locale, ma adesso ci troviamo a fronteggiare una nuova criticità, quella dell’ “occupazione rampante” dei Teatri.
Per quanto possano essere meritevoli di attenzione tutte le iniziative nate per cercare di salvaguardare il mondo teatrale, riteniamo che la mancanza di “politica” da parte delle Istituzioni abbia contribuito a creare un contesto di illegalità diffusa che penalizza gravemente chi continua ad esercitare questo mestiere nel rispetto delle regole.
Per onestà dobbiamo dire che inizialmente abbiamo pensato che la fase della protesta e dell’occupazione avesse come unico obiettivo il porre all’attenzione dell’opinione pubblica il ruolo determinante della cultura e dello spettacolo, soprattutto grazie all’entusiasmo e al coraggio delle nuove generazioni.
Purtroppo però, come nella migliore tradizione italiana dell’ultimo decennio – ugualmente a tutti gli altri settori produttivi del nostro paese – sembra che anche in questo caso valga “la legge del più furbo” e non il “bene comune” tanto invocato.
Eppure queste iniziative trovano grande appoggio a livello mediatico, sociale, intellettuale e politico, ma probabilmente coloro che in buona fede sostengono tali azioni non sanno che in molti casi non viene più pagato l’affitto, l’energia elettrica, l’acqua, la nettezza urbana, l’Iva, le tasse, ect..
Anche la SIAE sugli spettacoli il cui ingresso è tassativamente a titolo gratuito, non è pagata.
Non sono pagati i lavoratori e tanto meno i contributi previdenziali, assistenziali ed infine non c’è nessun controllo sulla sicurezza sul lavoro di chi opera, sia su coloro che assistono alle varie performance in programma.
A fronte di questo, invece, ci sono decine di teatri a Roma che occupano legalmente gli spazi, pagando l’affitto, le utenze e le tasse.
Forse sbagliano tutte le imprese che noi rappresentiamo e che operano faticosamente nella legalità?
In questo modo che messaggio mandiamo ai circa 20.000 lavoratori occupati in oltre 1.800 imprese, associazioni culturali, cooperative del settore dello spettacolo che risiedono nella Regione Lazio e che, nonostante una crisi devastante, riescono ancora a far sognare circa 6 milioni di spettatori ad ogni stagione, rispettando le regole e adempiendo a tutti i loro doveri imprenditoriali ed artistici?
In questo modo non si trasmette alle nuove generazioni che si vogliono avvicinare a questo mestiere un gravissimo modello diseducativo?
Inoltre, tutte queste occupazioni non propongono un nuovo modello gestionale delle strutture culturali, ma puntano principalmente ad ottenere un sostegno pubblico, riproponendo così le vecchie logiche che andrebbero definitivamente superate.
L’AGIS Lazio, rispetto alle strutture ora occupate, a cominciare dal Teatro Valle, ha sempre chiesto che si procedesse all’assegnazione di questi spazi attraverso bandi pubblici in modo da garantire trasparenza, professionalità e una corretta gestione economica, ma le Istituzioni hanno preferito essere complici di queste situazioni, anche se è possibile affrontarle in maniera diversa come ha dimostrato il sindaco Pisapia a Milano nel caso di “Macao”.
Per questo da qualche tempo stiamo cercando di sostenere un nuovo modello di sviluppo per il nostro settore, cercando di lanciare un’idea di politica nuova per il mondo del Teatro, e per la cultura in genere, che permetta a questi operatori e a queste imprese e al lavoro che faticosamente portano avanti, di essere riconosciuti definitivamente come un elemento strategico e indispensabile per la crescita sociale civile ed economica del nostro paese.
“CULTURA, OSSIGENO PER L’ECONOMIA DEL PAESE”, questo è il nostro slogan, queste sono le premesse per far emergere la parte sana del sistema e per far rispettare il nostro settore, riconoscendogli il valore e la dignità che rappresenta.
Se si lascia passare l’idea che il ricambio generazionale può avvenire soltanto attraverso l’occupazione, la gestione illegale e il completo prevaricare le regole non riusciremo mai a costruire un vero sistema teatrale che possa essere protagonista di un nuovo sviluppo culturale ed economico nel nostro paese.
Pietro Longhi è Presidente dell’AGIS ANEC Lazio