In questa brevissima battaglia elettorale non facciamo altro che sentir parlare di fondi, erogazioni, finanziamenti, tagli, ma da nessuno parte politica si è menzionato il “futuro”. Nessun partito ha infatti saputo disegnare con forza il quadro del nostro paese tra vent’anni, ma tanto meno con una prospettiva di 5, 10 anni, quella cui ogni governo dovrebbe guardare.
Come ci insegna il passato, i grandi cambiamenti si generano solo in seguito ad una continuità politica e di governance. E’ inoltre importante definire nell’agenda politica il ruolo delle industrie della creatività, della cultura e del turismo, per il prossimo futuro.
La Commissione europea ha presentato il 26 settembre 2012 una comunicazione dal titolo “Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l’occupazione nell’UE”: in essa si stabilisce un legame strategico tra creatività e cultura, riconosciuti come elementi fondamentali di sviluppo economico e di identità comunitaria. Ricordiamo anche che questa visione era già presente nel programma Europa Creativa, progetto quadro 2014-2020, che prevede lo stanziamento di 1,8 miliardi di euro destinati a tali settori.
Di questo programma non è tanto importante la dotazione finanziaria, quanto l’indicazione di una strategia politica per l’Europa, che in Italia nessuno ha ascoltato con attenzione, cogliendo quali possano essere gli strumenti operativi idonei, volti ad assecondare simili strategie di crescita.
Con una compagine politica ancora sospinta dalle banche, dalle grandi imprese e dalle utilities, dinnanzi allo spread che risale a 380 punti e piazza affari che scende a 14.300, bruciando il 20% dell’ultimo rialzo, in questo scenario sempre più intrecciato, tra politica, economia e mondo della finanza, la nostra più grande “linfa vitale”, che sono la produzione culturale, il turismo e le industrie creative, è stritolata dai soliti noti, che verranno avvantaggiati da finanziamenti già assegnati, alimentando una classe imprenditoriale incapace di stare sul mercato, perché adagiata su un tale sistema di comodo, nient’affatto stimolante per migliorarsi e crescere.
Dinanzi alla difficoltà dei giovani di emergere, dovuta alla mancanza di politiche di sostegno alle start up, di incentivi alle assunzioni per gli under 30, con un Mezzogiorno ancora totalmente abbandonato dal governo, sebbene vi risieda la maggior parte del nostro patrimonio culturale, servirebbe il coraggio di fornire proposte a lungo termine, dotate di visioni e strumenti operativi in linea con gli indirizzi della comunità europea, di competenze e di valore aggiunto per poter affrontare la più grande sfida del nostro paese che sia mai stata tentata dal dopoguerra ad oggi.
Ora abbiamo un solo grande vantaggio: quello di aver misurato con certezza quali sono i mali della nostra politica ed è proprio adesso che possiamo sconfiggerli e correggerli.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter