Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Per interpretare il day after è necessario riavvolgere il nastro: da dove veniamo? E soprattutto chi siamo? Andiamo a guardare chi siamo stati. Dopo il ratto delle Sabine e l’apologo di Menenio Agrippa distribuivamo gratis pane, vino e olio a tutti i romani, e mentre digerivano gli offrivamo sbudellamenti e finte avventure.
Abbiamo cercato di gabbare barbari di buona volontà, abbiamo inventato il Purgatorio per incassare da torme di pellegrini spaventati dall’Apocalisse, abbiamo brevettato la simonìa che faceva commercio di immagini sacre, abbiamo moltiplicato reliquie e cospirazioni. “Lenoni, barattieri e femine da conio”, diceva il ben informato (e profetico) Dante Alighieri.
Abbiamo inventato le banche, e fatto da intermediari di molto commercio mondiale. E abbiamo interminabilmente litigato, guelfi contro ghibellini, genovesi contro veneziani, e così di seguito buttando via le molte cose belle che avevamo: anche Archimede e Cicerone sono stati trucidati, molti cuori non hanno retto (fino a quello dell’unico papa vero del secolo, Albino Luciani), ci siamo sbarazzati di capimafia solo quando non erano più funzionali al potere feudale che tuttora governa la penisola.
Ci siamo sentiti italiani per un secolo e mezzo abusando del tricolore per guerrette sportive, mai per chiederci chi siamo e dove vogliamo andare. Ieri abbiamo messo l’ennesimo suggello su questa magnifica inconsistenza che ci fa dare sempre la colpa a qualcun altro. Vittime di questo stallo elettorale ce ne sono anche troppe, ma quella più dolorosa è la cultura, ignorata palesemente da tutti i programmi, cristalizzata in un assetto tuttora medievale, fatta – come il resto della nostra cronaca – di poltrone, ruoli, diritti intoccabili e proclami da operetta.
Se si fa il condono ne soffrirà ancora una volta il patrimonio architettonico e paesaggistico, se si lasciano i mercati del lavoro così come sono rimarrà un tappo plumbeo sull’accesso dei giovani professionisti, se i media resteranno mummificati in un intrattenimento fané sarà impossibile alfabetizzare quel che rimane degli italiani. L’unica chance che ci rimane è fare le cose, produrre cultura fuori dagli schemi convenzionali, moltiplicare gli scambi e i confronti, ascoltare con passione i nuovi cittadini che portano con sé idee e valori meno presuntuosi e velleitari dei nostri, tenere aperta una finestra curiosa sul resto del mondo, dove le cose accadono e la cultura rende felici.