È un paese sospeso quello che esce dalle elezioni. Non che l’anno che le ha precedute avesse fatto immaginare grandi prospettive, ma si credeva che alla fine della parentesi dei tecnici si potesse se non altro riaprire una parvenza di confronto e che qualcuno dovesse cominciare a fare delle scelte, ad assumersi delle responsabilità.

Dopo una campagna elettorale dominata da due soli temi, le alleanze possibili e la questione fiscale, senza neanche un lontano accenno alla situazione drammatica delle nostre istituzioni culturali, alla formazione, alla creatività, ci ritroviamo in una notte fonda di cui è ancora impossibile definire i contorni.
Saranno mesi difficili, gravati dalla verosimile ipotesi di un imminente ritorno alle urne. Ma che duri sei mesi o due anni questa legislatura è destinata ad occuparsi ancora di emergenze e di una riforma del sistema elettorale senza la quale si renderebbe nuovamente inutile ogni consultazione popolare.

E intanto resteranno nel limbo quegli interventi, non dico eccezionali, ma di ordinaria amministrazione che necessitano ad un sistema – quello delle arti e della cultura – che è stato oggetto di veri e propri assalti demolitori, non solo di incuria o distrazione, da parte di una sequela di ministri che hanno gareggiato per assenza e incompetenza.

Dobbiamo saperlo e attrezzarci a convivere con la mancanza di visione, col buio istituzionale, ancora per un lungo periodo, quasi quasi augurandoci che l’ombra che l’avvolge metta almeno al riparo questo malridotto comparto da interventi improvvidi e maldestri. In attesa di rivedere una luce.

 

Umberto Croppi è docente di Ideazione e Gestione degli Eventi a “La Sapienza” di Roma.