Nella corsa ai nuovi TopLevelDomains (“TLD”), si sono presentati problemi inattesi. La creazione di nuovi TLD era stata infatti pensata per evitare il “collo di bottiglia” ormai rappresentato dal fatto che la maggior parte dei possibili nomi a dominio con estensione .com, ovvero, i più ambiti, fossero già stati registrati: quindi, aumentando le “estensioni” disponibili (.green, .roma, .shop), aumentavano le possibilità di registrare nomi a dominio (se ho un negozio xyz a Roma e xyz.com è già registrato, potrò registrare xyz.roma).
Inoltre, si è pensato che anche i titolari di marchi potessero registrarli come TLD (ad esempio, .google) per poi usarli in modo esclusivo per la propria azienda.

Quello cui l’ICANN non aveva pensato, era che qualche azienda potesse registrare delle espressioni generiche (.shop, . book, .computer) per poi usarle in modo esclusivo, cioè a favore solo di se stessa e società controllate: il problema oggi definito dei “closed generic TLDs”. Infatti, aziende come Amazon e Symantec, al momento del deposito della domanda per – rispettivamente – .book e .security, hanno dichiarato che intendono utilizzare tali nuovi .TLD solo per le proprie aziende e che ciò non è espressamente vietato dalle regole ICANN.

Subito si sono levate numerosissime proteste da tutto il mondo, ed in special modo dal settore editoriale, che ha visto nella mossa di Amazon (che ha chiesto la registrazione di oltre 70 nomi generici) un tentativo di rafforzare in modo inaccettabile la posizione già dominante che essa detiene nella distribuzione libraria. I critici hanno anche ricordato che un tale tentativo di accaparrarsi termini generici – come .book o .author – sarebbe contrario alle regole antitrust, insistendo affinché tali termini vengano assegnati a soggetti che si impegnino a farne un uso “open”, ovvero di permettere a chiunque di registrare un nome dominio con tale estensione.

L’ICANN si è ben resa conto del problema ed ha lanciato una consultazione pubblica che si chiusa il 7 marzo, con una marea di critiche contro tali pratiche monopolistiche (i risultati sono consultabili on line): anche l’Associazione Italiana Editori si è associata a tale protesta.

L’ICANN ha ancora la possibilità di intervenire nella scelta dell’assegnatario dei vari TLD generici sulla base di considerazioni di “public policy”, e potrebbe quindi anche richiedere che i potenziali assegnatari di tali TLD si impegnino a farne un uso “open”, oppure rigettare le domande di coloro che hanno dichiarato la propria intenzione di usare i nuovi TLD solo per sè (ovvero, in modalità “closed”). Nel caso ciò non verificasse ed Amazon riuscisse a farsi aggiudicare .book, .author o simili e ne facesse poi uso solo a proprio favore, sarà comunque possibile valutare azioni avanti alle autorità antitrust dei vari paesi.

In ogni caso, visto che l’ICANN non ha ancora assunto una decisione finale al riguardo, appare ancora possibile un attività di pubblica protesta per cercare di evitare che la pratica dei “closed generic GLTs” possa essere considerata legittima.

 

Massimo Sterpi è avvocato esperto di proprietà intellettuale