Della crisi economica che dal 2008 sta colpendo il nostro Paese molto si è detto e molto si continua a dire. Quello che emerge, con particolare riguardo alla situazione del commercio estero, è come l’adozione della moneta unica abbia reso la ripresa ancora più problematica e ambiziosa, precludendo, di fatto, la strada della svalutazione monetaria per rilanciare la competitività delle esportazioni. Oggi l’Italia ha difficoltà nel vendere se stessa e i suoi prodotti e fatica ad attrarre quegli investimenti internazionali che potrebbero giocare un ruolo strategico nel processo di ripresa.
Allo stesso tempo, però, si può dire che stia divenendo una piazza invitante per tutta una serie di interlocutori che, progressivamente, stanno acquisendo sempre più prodotti, strutture, territori, sempre più frammenti del Made in Italy.

Sono i grandi capitali extraeuropei, che da economie emergenti come Russia e Cina, o da potenze affermate come gli Emirati Arabi, stanno penetrando sempre più a fondo nel nostro Paese, acquisendo immobili, patrimoni e imprese. Le élite globali che stanno dietro a questi investimenti spesso provengono da una nuova generazione di attori economici, una generazione che non è nuova ad operazioni giocate oltre il limite della trasparenza.
Nel contesto dell’impoverimento nazionale e della svalutazione economica bisogna fare particolare attenzione a questa progressiva penetrazione, considerando tanto i potenziali investimenti, quanto le implicazioni che possono scaturire da un’eccessiva leggerezza.
Molto si è detto anche sul patrimonio paesaggistico e culturale dell’Italia, universalmente noto per essere uno dei più ricchi al mondo. Alla base della sua unicità e del suo valore, vi è quella frammentazione che da sempre ha contraddistinto il governo della penisola, una condizione che ha permesso ad ogni territorio di sviluppare un suo specifico “color locale”.

L’incapacità del nostro Paese di valorizzare al meglio delle possibilità il patrimonio culturale costituirà sempre più un fattore chiave di disavanzo. L’Europa di domani, infatti, è un’arena in cui il valore intellettuale delle professioni legate al mondo della creatività è destinato a giocare un ruolo da protagonista.
In questo contesto, colmare il gap esistente nella valorizzazione delle risorse è importante tanto quanto monitorare l’infiltrazione di capitali di oscura provenienza. Sono queste, infatti, operazioni fondamentali per costruire su basi solide il nostro domani oltre la crisi.

Stefano Monti è il direttore editoriale di Tafter