Stanno facendo molto discutere in questi giorni le conclusioni di un corposo rapporto (il cosiddetto “Rapporto Lescure”) contenente 75 proposte legislative per preservare e finanziare la produzione culturale francese. Dopo 10 mesi di lavoro, la Commissione di saggi guidata da Lescure (che è un giornalista, manager, fondatore di Canal Plus e da cinque anni direttore del Théâtre Marigny) ha consegnato al Presidente Hollande lo scorso 13 maggio le proposte finali per mettere al passo con i tempi di Internet e dei mercati digitali globalizzati la cosiddetta “eccezione culturale”, cioè l’idea difesa per la prima volta dalla Francia durante i negoziati dell’Uruguay Round del 1993 che i prodotti culturali non possano essere considerati una merce come le altre (e figurarsi i prodotti culturali francesi…) ma hanno bisogno di regole ad hoc (non importa se protezionistiche o basate su sovvenzioni pubbliche..)

Tra le novità più rilevanti, una sorta di “I-Tax” da applicare a tablet, smartphone e prodotti tecnologici per finanziare la produzione culturale della Francia. Ovviamente siamo al momento solo allo stadio embrionale di proposta, dovendo cominciare – ove politicamente approvata– il lungo percorso parlamentare di una iniziativa di legge vera e propria che traduca politicamente e legislativamente la proposta Lescure. Ma è interessante analizzare alcuni aspetti. In primo luogo il presupposto logico: si legge nel Rapporto Lescure che “molti francesi esitano a comprare legalmente un Cd musicale a 9,9 euro mentre sono pronti a spendere da 300 a 800 euro per iPad o smartphone”. Questa considerazione psico-sociologica basta da sola a fare esprimere ai saggi (e ad una parte già cospicua della maggioranza: l’idea di una I-Tax è stata fortemente criticata dalla destra ma ha trovato l’immediato sostegno del Ministro della Comunicazione, Aurélie Filippetti) un favor verso il nuovo balzello digitale.

Andando oltre il dato politico, di costume e di polemica che in Rete si è già scatenata, occorre soffermare l’analisi su un secondo aspetto più tecnico: che rapporto c’è tra una eventuale I-Tax che Google, Amazon, Apple, Samsung dovrebbero pagare sulla produzione di prodotti tecnologici e la legge già esistente che impone (in tutta la Unione Europea) il pagamento di un equo compenso sulla copia privata? Come è noto la Direttiva 2001/29/Ce Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 Maggio 2001 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione ha introdotto l’equo compenso per la copia privata (in Italia la legge sul Diritto d’autore n. 633/1941 è stata emendata in recepimento della Direttiva 29/2001). In sostanza, è stata introdotta da anni una tassazione costituita da una quota di prezzo che il consumatore paga come extra su qualsiasi device che abbia capacità di archiviazione e di riproduzione di dati e contenuti audiovisivi (memorie di massa, Cd, Dvd, chiavette USB, hard disk esterni, memory card, lettori Mp3, smartphone per finire a tablet e PC, etc). L’equo compenso per copia privata sarebbe concepito per fornire un indennizzo ai titolari dei diritti d’autore persi a causa delle copie pirata; viene infatti raccolto dalla SIAE e ridistribuito agli artisti.

Il Regolamento attuativo in Italia (il Regolamento del Ministero dei Beni e Attività Culturali del 30 Dicembre 2009) ha dato vita a forti polemiche, sia per la ricaduta economica sui produttori e sul mercato, sia per questioni di principio: ci si ritrova di fatto a pagare in anticipo su una perdita di introiti presunta (per l’autore), e oltretutto senza distinzioni fra chi sul disco fisso ci salva contenuti legittimi e chi materiali in violazione del copyright. Ma torniamo alla Francia: anche quello Stato ha recepito la Direttiva UE del 2001 e dopo lunghe battaglie nel mese di Luglio 2012 la legge francese del 2 Dicembre 2011 sulla copia privata ha ricevuto il definitivo ok dal Consiglio costituzionale che ha confermato così che solo i professionisti non saranno assoggettati al tributo destinato a compensare la copia privata.

Dunque la I-Tax non sarebbe affatto una nuova tassa, anzi: il Ministro della Comunicazione Aurélie Filippetti ha affermato che questo tributo compreso tra l’1 e il 3% sarà altresì l’occasione “per rivedere, sostituire e ammodernare il compenso sulla copia privata”. Dunque sembra tanto rumore per nulla …

Più interessante, invece, l’altra parte del Rapporto Lescure che propone di ribaltare completamente l’approccio (diremmo cultura-le…) del Legislatore francese alla lotta alla pirateria e le prospettive di regolamentazione e tutela del Copyright nella Società dell’Informazione Globale, passando dalla linea repressiva di Sarkozy ad una nuova strategia commercial-liberale. Attualmente in Francia (per la famosa legge Hadopi) si può arrivare a interrompere l’accesso a Internet dell’internauta che abbia scaricato illegalmente materiali protetti dal diritti d’autore e a una multa che può toccare, nel caso in cui l’utente ritorni a scaricare illegalmente dopo una prima volta, i 1.500 euro. Questa ammenda, secondo il rapporto Lescure, dovrebbe essere ridotta a 60 euro. Il Rapporto propone inoltre lo smantellamento dell’Hadopi (sulla cui omonima legge si scatenò in Francia una battaglia politico-legale senza quartiere di cui ancora si avvertono gli echi): la legge e l’organismo che doveva fungere da “sceriffo della rete” si sono rivelati un completo fallimento (e invece questa stessa strada si vorrebbe percorrere ora in Italia attribuendo all’AGCOM – autorità amministrativa – il compito di vigilare e reprimere le violazioni in Rete del Copyright…).

Evidentemente la lungimiranza non è pregio comune dei politici: anche quelli francesi scoprono solo ora (ci voleva forse un corposo rapporto o bastava la logica??) che una efficace lotta alla pirateria passa non per l’inasprimento di pene e per (impossibili) controlli tecnici di una Rete in continua evoluzione, ma può essere vincente solo se si rende economicamente non conveniente l’attività illegale di download di contenuti protetti (abbassando i prezzi, educando il consumatore, facendo campagne informative mirate, riducendo i tempi tra uscita al cinema dei film ed entrata nel circuito commerciale, e così via).

 

Alessandro del Ninno è avvocato presso la Tonucci &Partners e professore universitario