eumediaIl Transatlantic Trade and Investment Parternship Agreement (TTIP) è un accordo che regola lo scambio commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti e mira a creare una “free trade zone” tra i due mercati che insieme assorbono la metà della produzione economica mondiale.

Le ricadute in ambito industriale e occupazionale sono evidenti. L’accordo è in fase di negoziazione e il mandato per la parte europea è stato conferito al Commissario al commercio Karel de Gucht. La bozza di mandato in discussione, a differenza di quanto stabilito nei precedenti accordi (GATS) per la priva volta, non esclude esplicitamente l’audiovisivo e i servizi culturali (di qui il concetto di “eccezione culturale”) dai settori da inserire nel processo di liberalizzazione.

Si è aperta dunque una pericolosa breccia che rischia di mettere in discussione, minandone la legittimità, l’articolato sistema di sostegno pubblico (comunitario e nazionale) al settore della produzione audiovisiva allargando ulteriormente il divario competitivo in questo ambito con gli Stati Uniti. Nel dibattito infuocato che si acceso in quasi tutti i Paesi europei (Londra ovviamente sta dalla parte degli Usa) in pochi hanno sottolineato uno dei risvolti più preoccupanti legati all’eventuale inclusione dell’audiovisivo negli accordi di libero scambio. Cedere alla posizione americana (che non a caso ha già minacciato ritorsioni su altri settori economici) significherebbe aprire le porte all’ingresso massiccio nei paesi europei dei servizi audiovisivi distribuiti online (per loro stessa natura transfrontalieri).

Si assisterebbe così ad una invasione incontrollata di offerte di video on demand fruite in modalità non lineare proposte dagli OTT players (Google, Apple, Amazon, Netflix, Hulu, ecc.) senza la possibilità di “sistemi di compensazione” a tutela della produzione indipendente europea.

Il settore audiovisivo europeo in definitiva non beneficerebbe di alcun effetto positivo dalla liberalizzazione commerciale poiché l’accesso al mercato nordamericano per i film europei resterebbe una chimera a causa di fattori strutturali propri del mercato nordamericano da sempre “allergico” ai prodotti in lingua straniera fatta eccezione per le produzioni europee di lingua inglese con cast di richiamo internazionale. La produzione audiovisiva USA, al contrario, è presente in modo significativo nel mercato europeo con quote di mercato largamente maggioritarie in quasi tutti i Paesi nonostante la presenza di schemi di aiuto diretti e indiretti che rischiano di essere spazzati via (mettendo a repentaglio 1 milione di persone occupate) in assenza di un fronte compatto.

 

Bruno Zambardino è analista senior della Fondazione Rosselli e Direttore didattico As.For. Cinema