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L’ultima puntata di Servizio Pubblico, il programma di La7 condotto da Michele Santoro, è stata intitolata “I ricchi di più”, volta ad un’analisi sul concetto di ricchezza e sull’importanza di produrne in abbondanza per uscire dalla crisi attuale.
Verso la mezzanotte a prendere la parola è stato il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, personaggio conosciuto non solo in ambito culturale, ma anche e soprattutto in quello politico e del gossip.
Il suo è stato un vero e proprio monologo, volto a ripercorrere la storia delle costruzioni in Italia, sottolineando le ricchezze storiche e architettoniche di cui il nostro territorio è cosparso, ma anche citando i 25 milioni di edifici costruiti, 13 milioni dei quali realizzati negli ultimi cinquant’anni.
Ha citato il premier Letta e la sua promessa di dimettersi nel caso saranno decisi ulteriori tagli alla cultura, ha parlato del MiBac e della necessità di mantenere il Ministero dei Beni e delle Attività culturali con portafoglio, facendolo maggiormente dialogare con quello dell’Economia e delle Finanze, e non lesinando parole di compiacimento per Bray, per scagliarsi infine contro i ritardi nella ricostruzione de L’Aquila.
Sgarbi si è espresso con un linguaggio diretto e poco tecnico, sembrando essersi reso conto improvvisamente che la politica e le istituzioni non sono più sufficienti per occuparsi di beni culturali, ma è necessario coinvolgere la sfera economica del Paese.
Quest’uomo, ormai più di spettacolo che di cultura, è riuscito a calamitare l’attenzione di quasi tre milioni di spettatori – questi i dati auditel – su temi e proposte che, per chi opera quotidianamente nel panorama culturale, sono divenuti ormai un manifesto sostenuto a voce alta dinanzi a istituzioni che fanno orecchie da mercante.
Non possiamo che porci alcune domande: era necessaria una forte crisi economica per comprendere che la cultura è un oggetto capace di generare reddito? Se il mondo della politica non avesse sostenuto fino ad ora tale comparto, si sarebbe comunque giunti a tali ragionamenti?
Il nodo poi che giunge al pettine in tali circostanze è l’incapacità, dimostrata per più di trent’anni dalla classe politica e manageriale italiana, di pianificare. Sulla scia di tali errori è bene che a capo di operazioni di organizzazione a lungo termine vengano poste persone capaci, che pongano maggior attenzione nei riguardi della domanda piuttosto che dell’offerta.
Non i soliti nomi noti, dotati di grande visibilità, ma di poche idee, come hanno avuto purtroppo modo di dimostrare.
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