stampaeditStoricamente beneficiario di contributi pubblici, il settore della carta stampata vive oggi una fase di profonda crisi: posti di lavoro a rischio, copie invendute, nuove tecnologie e sviluppo dell’editoria digitale che ogni giorno attrae nuovi utenti.

Lo stato di crisi, si potrebbe pensare, rende più che mai necessario l’intervento pubblico. Ma è davvero così? Il sostegno economico destinato dallo stato per oltre mezzo secolo all’editoria quotidiana e periodica cartacea ha davvero garantito il pluralismo dell’informazione o ha semplicemente favorito la sopravvivenza di soggetti che altrimenti con le proprie forze non ce l’avrebbero fatta?

Per capire occorre quantificare. Se definire i contributi indiretti, tra i quali si annovera la riduzione dell’Iva al 4% per quotidiani cartacei (ma anche libri e periodici), appare più complesso, il dato relativo ai contributi diretti è di più agevole reperimento.

Nel 2010 il contributo pubblico è ammontato a circa 140 milioni di euro, nel 2012 la cifra messa a disposizione è pari a 120 milioni, mentre i finanziamenti stanziati per il 2013 sono di circa 95 milioni di euro. Ma a chi sono andati questi aiuti?
Ce lo dice il Dipartimento per l’informazione e l’editoria. I dati, aggiornati al 2011, distinguendo tra le categorie finanziabili, annoverano nomi noti quali Il Foglio (2.251.696 euro), Il Manifesto (2.598.362 euro), Avvenire (3.769.672 euro), ma anche una folta schiera di testate poco conosciute. Significativa la circostanza che si continuino a finanziare anche in modo indiretto “organi di partiti e movimenti politici” a discapito di una decisione referendaria a ciò contraria.

I criteri di selezione?
Se fino a poco tempo addietro non erano in alcun modo connessi alle vendite effettuate e rendicontate, recente è l’introduzione di parametri a ciò connessi e resi più stringenti dal Decreto Legge n. 63/2012, convertito con modificazioni con legge il 16 luglio 2012, n. 103. Un minimo confronto con il mercato. Questo il punto.

Cosa succederebbe se queste risorse venissero meno come progressivamente sta già accadendo e come già avviene per le testate digitali che di nessun contributo hanno mai beneficiato?
Il confronto con il mercato sarebbe inevitabile; trovare modelli alternativi di business una necessità; l’indipendenza, la trasparenza e la qualità requisiti diverrebbero le caratteristiche fondamentali per conquistare i lettori.

 

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter