stolSan Pietroburgo, Russia, 21 giugno 2013, la Merkel chiede a Putin che vengano restituiti alla Germania gli oggetti d’arte sottratti dall’Armata Russa dai territori occupati al termine della Seconda Guerra Mondiale; richiesta che il leader russo respinge.
Come è noto, la vicenda ha inizio durante il viaggio della Merkel in Russia in occasione della apertura della mostra “L’Età del Bronzo in Europa, Europa senza confini” presso l’Hermitage. Ma il fatto non è isolato. Centinaia di opere d’arte, requisite dai soldati sovietici dalla Germania nello stesso periodo, costituiscono motivo di frizione tra i due governi.
Storicamente, il “bottino di guerra” rappresentava l’indennizzo dei conquistatori ai danni dei popoli vinti e veniva condotto in piena legalità attraverso i trattati di armistizio. Si parlava, a questo proposito, di “diritto di saccheggio”.
Oggi la situazione è diversa. Già nella Convenzione dell’Aja del 1899 sulle leggi e consuetudini di guerra erano presenti norme per la tutela del patrimonio culturale; ma è la Convenzione dell’Aja del 1907 ad introdurre, per la prima volta, il divieto di saccheggio. Queste due convenzioni vengono spesso citate quando si parla di consuetudini internazionali di restituzione, sebbene non contengano disposizioni in tal senso. Infatti, solo la convenzione dell’Aja del 1954 introduce l’obbligo di restituzione di beni sottratti durante il conflitto bellico, anche se non prevede la sua applicazione a fatti anteriori all’entrata in vigore (7 agosto 1956), risultando quindi inapplicabile ai “bottini di guerra” della Seconda Guerra Mondiale.
Essendo poco probabile la propensione della Russia ad una azione di restituzione volontaria dei beni, la Germania potrebbe invocare l’esistenza della norma consuetudinaria internazionale sulla restituzione, ma si scontrerebbe con la sua difficile applicazione. La soluzione più probabile, in sede diplomatica, potrebbe consistere, come è avvenuto in passato, nell’avvio di una trattativa tra i due Stati che porti alla conclusione di un accordo bilaterale di restituzione, a maggior ragione in un clima internazionale che propende sempre più, sotto l’egida dell’UNESCO, ad attuare politiche di cooperazione internazionale nel campo dei beni culturali.

 

Silvia Stabile è avvocato esperta in Diritto della Proprietà Intellettuale e Diritto dell’Arte, partner dello Studio Legale Negri-Clementi