crepaLunedì 1 luglio è stato presentato a Roma il Rapporto Annuale di Federculture 2013: “Una strategia per la cultura. Una strategia per il Paese”, da molti atteso come il documento capace di fare il punto sullo stato del sistema culturale italiano. Presenti il sindaco della capitale Ignazio Marino, Lidia Ravera assessore alla cultura della Regione e i ministri Bray e Giovannini.

Come di consueto i dati che descrivono il comparto, fra i quali possiamo citare quelli riguardanti la fruizione culturale, il contributo pubblico al settore, l’apporto dei privati e la spesa per la cultura sostenuta dalle famiglie, non hanno dipinto una situazione positiva. Molte delle cifre e dei rapporti illustrati costituiscono, di fatto, utili strumenti per fare delle riflessioni sulla situazione culturale italiana, delle basi da cui partire per costruire ragionamenti razionali sul settore ed elaborare una strategia di ripresa per il Paese.

Per costruire una progettazione mirata è fondamentale, innanzitutto, prendere atto della realtà complessiva del sistema Paese e non dimenticare che la scarsità di risorse è oramai un dato di fatto, la condizione di base dalla quale dobbiamo partire per pianificare il futuro. Guardare ai dati è importante, ma lo è ancor di più riuscire ad assumere una visione quanto più comprensiva delle dinamiche del settore e dell’economia italiana nel suo complesso.
Oggi più che mai è importante prendere in considerazione anche tutti quei dati che, in genere, tendono a passare inosservati nei contesti in cui si dibattono i tagli alla cultura. Si pensi, per citare un esempio fra tutti, agli oltre 20.000 dipendenti Mibac, una squadra imponente, che ha indubbiamente dei costi ma della quale si denuncia a gran voce la perenne insufficienza.

Il capitale umano è sicuramente una delle armi fondamentali quando si vuole intervenire in un settore come la cultura, che richiede una preparazione approfondita ed eterogenea per progettare interventi forti in termini di rilancio della produttività e di potenziamento degli incentivi diretti e indiretti. E’ un settore che pone la maggioranza dei suoi operatori privati innanzi a situazioni contrattuali critiche, retribuzioni minime e scarsissime possibilità di carriera. E’ un settore che più di altri dovrebbe costruire le sue basi sulla meritocrazia – concetto non astratto, ma costituito da regole in Italia purtroppo sconosciute  – la produttività e l’ottimizzazione delle risorse. Forse solo sposando con onestà e decisione questi tre principini la cultura avrà la possibilità di risollevarsi dalla crisi.

Chiedere al pubblico un aumento delle risorse umane comporta una presa di responsabilità. Non sarebbe forse più auspicabile la crescita delle organizzazioni private? Sono del resto destinate ad assumere un ruolo sempre più centrale nel settore e, per questo, dovrebbero essere le principali destinatarie di attenzioni e di agevolazioni fiscali. A loro i finanziamenti interessano anche meno, poiché credono nel mercato.

 

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter