bibIn questi giorni è stata presentata a Roma l’indagine che AIB, Associazione Italiana Biblioteche, ha svolto insieme al Centro per il libro e la lettura sulle biblioteche pubbliche degli enti territoriali. I dati che emergono offrono diversi spunti di riflessione e ci consegnano uno scenario abbastanza dinamico nei confronti del quale è ragionevole pensare che si possa intervenire con iniziative mirate che potrebbero permetterci di salvare e valorizzare un patrimonio di decisiva importanza per la cultura nel nostro paese.

Le biblioteche infatti sono dei veri e propri presidi culturali sul territorio e, nella loro peculiarità, godono di un primato assoluto insidiato da nessun’altra iniziativa, né pubblica né privata. Dalla loro attività dipende la lettura del 16% dei libri nel nostro paese, ma sono molto apprezzate anche per i servizi che offrono oltre alle attività di prestito.

Il sistema delle biblioteche pubbliche in Italia non è molto dissimile quantitativamente da quello di altri paesi europei che hanno avuto più a cuore di noi gli investimenti in cultura. Fatta eccezione per il sud, che ancora langue in una carenza di servizi, da cui si distingue solo la Puglia, che proprio nella cultura ha investito molto negli ultimi anni.

La varietà che i sistemi regionali rappresentano, mentre disegna una situazione molto disordinata, ci permette però di fare alcune considerazioni. Salta subito agli occhi, per esempio, come il sistema lombardo, che vanta 1.541 biblioteche, sia frequentato da un numero di utenti abbastanza basso (14.572) in paragone ai sistemi di altre regioni come la Toscana, che a fronte di 371 biblioteche riesce a servire un utenza di quasi 30mila cittadini. Stesse percentuali favorevoli sono rappresentate da Emilia Romagna, Lazio e Trentino Alto Adige.

Si tratta di un segnale da non sottovalutare, che ci porta direttamente all’interno del dibattito che da anni si svolge intorno all’uso e alle funzioni che le biblioteche pubbliche devono avere: non tanto conservazione e prestito, ma soprattutto punto di riferimento per le aggregazioni culturali e fornitura di servizi legati all’informazione. Per far questo però è necessario che le biblioteche si predispongano anche materialmente a questo cambio di funzione. Ma non è facile se consideriamo il punto di partenza attuale: solo il 14,43% delle quasi settemila biblioteche è stato appositamente costruito per questa funzione. Gli altri sono tutti edifici storici, a volte anche tutelati che, nel complesso, offrono comunque uno standard soddisfacente: basti pensare che tutti sono attrezzati per l’accesso degli utenti diversamente abili. Molto meno soddisfacente, invece, è la disponibilità che le biblioteche offrono in termini di orari di apertura. Non solamente perché solo il 7% è aperto anche la sera e il 22% durante il fine settimana, rendendo difficile la frequentazione all’utenza impegnata nei luoghi di lavoro, ma perché, complessivamente, la media delle ore di apertura non supera le 25 ore settimanali.

Gli utenti delle biblioteche sono piuttosto abituali (61,19%), in prevalenza sono adulti (29,32%), bambini (22,07%) e ragazzi (9,70%). Tra gli adulti prevalgono di gran lunga le donne (63,10%) sugli uomini. Di conseguenza i testi prediletti sono principalmente quelli di narrativa e di letteratura per l’infanzia e la prima adolescenza. Molto richiesti però sono anche i volumi che riguardano la storia locale, a conferma di quanto sia sentito il radicamento territoriale di queste istituzioni culturali.

In un contesto così definito, la vera nota dolente è costituita dal drastico ridimensionamento della spesa per l’acquisto delle novità editoriali, ridotta fino al 40% del già contenuto budget previsto negli scorsi anni. In stretta relazione a questo dato c’è la considerazione che non sono poche le biblioteche che utilizzano volontari nella gestione dei propri servizi , quasi il 40%. Ecco così che un sistema abbastanza apprezzato dagli utenti, che si presenta con una diffusione capillare e fa uno sforzo per interpretare al meglio la propria missione, spesso ben oltre, spesso con obiettivi burocraticamente definiti, trova sostegno nella buona volontà dei cittadini e non riceve sponde adeguate nelle politiche pubbliche.

 

Gioacchino De Chirico è un giornalista ed esperto di comunicazione