foriimpL’annunciata pedonalizzazione di Via dei Fori Imperiali ha tutte le caratteristiche per essere un punto di svolta sia simbolico che concreto nell’arte di amministrare le città.

Alla notizia che questo sarà il primo provvedimento della nuova giunta comunale, qualche dissenso è stato manifestato da romani proprietari di motori a scoppio, e già si programma un baldanzoso “Mortacci Pride” sul sampietrino imperiale. I ciclisti hanno dichiarato che l’idea di uno zoo tutto per loro piace assai, ma gradirebbero anche percorsi utili, il CAI ha chiesto di adibire la Colonna Traiana a cilindro per il free climbing, i guardoni del Pincio reclamano la selezione di sacerdotesse per il Tempio di Minerva.

I turisti paiono apprezzare questo schiaffo alla modernità in favore del passeggio. Per i più nostalgici del traffico, i venditori abusivi stanno facendo produrre in Cina il nuovo gadget della biga 4×4 che fa brumm brumm. Una certa preoccupazione c’è in chi teme foto mosse per schivare bus, taxi e vari altri mezzi autorizzati, mentre si fotografa il Colosseo. Questi ultimi sono stati tranquillizzati dal Campidoglio che promette un presidio sanitario per gli investiti e una foto gratuita col centurione Alfio Marzio.

Una ‘pedonalizzazione parziale’ sembra poca cosa a prima vista, ma altre città hanno già annunciato che ogni volta che se ne presenteranno le condizioni copieranno l’esempio di Roma Capitale. Mi riferisco in primis a Seoul, Granada, Belo Orizonte, Graceland, tutte concordi nel dichiarare che appena troveranno una strada costruita sopra un parco archeologico, presa in ostaggio da un cantiere della metropolitana e animata da porchettari discendenti in linea vespasiana dai Cesari, la chiuderanno parzialmente al traffico privato.

Le altre metropoli interpellate hanno fatto sapere di non essere pronte a decisioni così drastiche, in quanto tale strada dovrebbero trovare prima il coraggio di costruirla e, una volta fatta, di aprirla al traffico, il ché è davvero troppo anche per le più volenterose.

 

Samuel Saltafossi è sociologo della complessità