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Nell’arco di pochi mesi di lavoro il Ministro Massimo Bray ha dato prova di impegno e buona volontà. La cosa risulta con tutta evidenza non solo se paragonata al disinteresse o alla inadeguatezza dei ministri della cultura che lo hanno preceduto, ma anche perché l’approccio ai problemi è stato diretto e non elusivo. Bray ha subito sbloccato i fondi POIN del 2012 per la Reggia di Caserta, il Real Bosco di Capodimonte, il polo museale di Sibari e il Palazzo Reale di Napoli. Ha riproposto per Pompei la sovrintendenza autonoma. Ha avviato progetti di riorganizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Ha indicato nello strumento della cosiddetta “fiscalità di vantaggio” una delle soluzioni possibili per favorire un rapporto sano tra pubblico e privato in ambito di Beni Culturali. Ed è andato oltre, impegnandosi in direzione del tax-credit per cinema e musica, e perché il MiBAC recuperi le risorse che provengono dalla vendita dei biglietti dei vari siti museali. Il tutto organizzato all’interno di un provvedimento più ampio che ha preso la forma del decreto legge “Valore Cultura”, approvato di recente e salutato da più parti con interesse e reazioni positive.
Insomma, Bray sta cercando di mettere ordine in un sistema ormai da anni disarticolato e abbandonato a se stesso. E nel far questo ha sempre avuto chiara la necessità di dover “partire dalla cultura per ricostruire un paese in cui tutti si riconoscano”, come da lui stesso dichiarato.
Bray lavora alacremente e con una certa velocità. Fa bene, perché non c’è tempo da perdere. Ma è anche necessario ponderare bene le scelte perché altrimenti si rischia di peggiorare una situazione già al limite. Insomma bisogna uscire per quanto possibile dalla logica dell’emergenza e costruire prospettive condivise di una qualche durata. Sicuramente è anche per questo motivo che il ministro ha voluto istituire la “Commissione per il rilancio dei beni culturali ed il turismo e per la riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa”.
Presieduta dal professor Marco D’Alberti, Ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università di Roma “la Sapienza”, la commissione ha il compito di “definire le metodologie più appropriate per armonizzare la tutela, la promozione della cultura e lo sviluppo del turismo, identificando le linee di modernizzazione del Ministero e di tutti gli enti vigilati, con riguardo alle competenze, all’articolazione delle strutture centrali e periferiche e alla innovazione delle procedure”.
Insomma: si tratta di riformare il MiBAC. Ridargli nuova linfa vitale e riuscire a orientarlo verso una direzione che valorizzi il patrimonio culturale nel nostro paese e – aggiunge chi scrive – eviti di pensare che i problemi si risolvano semplicemente svendendo ai privati quello che invece deve rimanere una risorsa di tutti e per tutti. A proposito di quest’ultima considerazione, bisogna dare atto al ministro che già in diverse occasioni ha mostrato una sensibilità molto vicina a questa impostazione.
La commissione deve concludere i suoi lavori entro il 31 ottobre (!) ed è composta da venti persone, la maggior parte delle quali scelte tra illustri accademici e dirigenti di istituzioni culturali, diversi per esperienza e sensibilità. Sono gli ingredienti di una ricetta che tutti ci auguriamo efficace e che, opportunamente, prevede un ragionamento sull’uso delle nuove tecnologie e si muove tenendo conto dei due poli spesso in contrasto tra loro della conservazione e della valorizzazione dei Beni Culturali.
Nessuno dei componenti la commissione percepirà compensi. E questo non rappresenta una novità nello stile recente dell’impegno istituzionale. Può essere il segno di una sensibilità civile che assomiglia allo slancio di migliaia di giovani che intervennero per salvare i beni culturali fiorentini dopo l’alluvione del novembre del 1966. Oppure può essere semplicemente la prosecuzione logica di un modo di lavorare che si è affermato negli ultimi anni in ambito culturale tra precariato sottopagato e volontariato.
Contiamo molto sul fatto che si tratti della prima ipotesi. Ve ne sono le premesse nella condizione di reddito e nella sensibilità dei membri della commissione nonché nel contesto in cui siamo precipitati.
Per il secondo aspetto, aspettiamo con ansia proposte e provvedimenti.
Gioacchino De Chirico è un giornalista culturale ed esperto di comunicazione