cocnChe peccato! Avevamo un monumento e lo abbiamo distrutto! So bene che può apparire paradossale, ma avrei preferito che la Concordia restasse nelle acque dei Giglio.
Quel colosso bianco adagiato nelle acque azzurre era il più straordinario “relitto” del Mediterraneo e sarebbe senz’altro divenuto uno dei più importanti siti turistici del nostro Paese.

Le decine di migliaia di turisti e curiosi che per mesi hanno scrutato il maestoso relitto, attratti dal fascino lugubre della tragedia e dell’evento mediatico, in cerca di quella fastidiosa ma ipnotica aurea magica di morte, avevano già dato la misura della forza turistica del sito. Allo stesso modo i graffiti lasciati sullo scafo dai visitatori subacquei, apparsi quando la nave è stata raddrizzata, così come le numerose incursioni subacquee di cacciatori di souvenir, mostrano che di fatto, nel bene e nel male, la Concordia era già diventata un sito di turismo subacqueo. Non sarebbe stato scandaloso: la storia del turismo e dei siti archeologici è da sempre una storia di morte e voyeurismo. Danni ambientali? Non dobbiamo sempre credere alla retorica di chi ha altri interessi. D’altra parte in Italia le stesse Aree Marine Protette (anche nell’area dell’Arcipelago Toscano) sono essenzialmente luoghi turistici, in cui la dimensione del consumo turistico è essenziale, costitutiva e ineludibile.

Ed ora? Il pellegrinaggio al luogo della catastrofe e dell’italica idiozia (l’inchino, la Moldava, l’abbronzatissimo comandante…) ed ora anche dell’italica esagerazione (“un’operazione mai tentata prima”) ne faranno comunque un sito dal fascino discreto, con la complicità delle migliaia e migliaia di immagini che navigano nella rete e nel nostro immaginario. Ma anche questo sarà un turismo post-moderno: un luogo del “nulla” alla ricerca di qualcosa che c’era e ora non c’è più.

 

Marxiano Melotti insegna Turismo culturale e archeologico all’Università Niccolò Cusano di Roma