amorepastaNel nostro Paese, ancora oggi, si realizzano spot o campagne pubblicitarie in cui si tende a rappresentare la famiglia in modo molto tradizionale, come era negli anni ’50 o ’60: il papà che lavora fuori casa, la mamma casalinga, i figli che studiano e hanno necessità di ricche colazioni e sostanziose merende (benché l’obesità infantile sia piaga riconosciuta).
Questi stereotipi non sono più totalmente in linea con la nostra società, che è cambiata, si è evoluta e in cui i ruoli si sono modificati: il papà oggi cambia i pannolini, la mamma lavora anche fuori casa, ecc. Non siamo certo ai livelli del nord Europa, ma ritengo giusto che la pubblicità rifletta la società contemporanea.

E’ quindi corretto che si tenga conto anche delle situazioni non tradizionali (se vogliamo usare questa terminologia), delle diversità (tema che sarà proprio al centro della Nona Conferenza Internazionale della comunicazione sociale che come Unicom stiamo organizzando al fianco di Pubblicità Progresso per il prossimo 18 novembre a Milano, dedicata a “Il valore della diversità – Verso una nuova cultura di genere”).
Ben venga, dunque, se la pubblicità adeguandosi ai tempi, contribuisce ad un cambio di mentalità.

Non trovo invece che sia corretto strumentalizzare questi temi (omofobia, violenza sulle donne ecc.) perché, purtroppo, fanno scalpore e quindi fanno sì che si parli di quello o quell’altro spot.

Riguardo all’infelice affermazione di Guido Barilla, si può leggere in due modi differenti. Può essere stata frutto di una svista, carpita a tradimento da un abile conduttore. Diciamo che da un capitano d’azienda ci si aspetterebbe più capacità di reazione e più prontezza, invece sembra sia caduto molto ingenuamente nella trappola che gli era stata tesa.
Viceversa potremmo sospettare che si sia voluto esprimere in questi termini proprio per sfruttare lo scalpore che ne è derivato, ma in questo caso si è rivelata un’arma a doppio taglio, un vero boomerang.

Un ultimo commento lo lascio alla nuova comunicazione di Enel “#Guerrieri”: trovo l’idea creativa interessante, capace di generare il coinvolgimento e di far sentire protagonista la gente comune con i suoi problemi quotidiani, a patto che non sia un modo di accattivarsi questo target in vista di future operazioni finanziarie.

… quindi sì alla vita reale, no alle strumentalizzazioni.

 

Donatella Consolandi è Presidente Unicom – Unione Nazionale Imprese di Comunicazione