Il nome la dice lunga. Esterni è una realtà che gioca tutta sulla misura di una sigla che è una dichiarazione d’intenti, a metà tra una profonda aspirazione e un’idea militante di comunicazione. E’ in quello sguardo fuori che sta il senso delle azioni che propone.
Non ho ricordi di quando è cominciata la disputa attorno al valore e alla necessità della comunicazione, in una piena adesione alla profezia di quel McLuhan anche troppo citato. Quello che possiamo dire è che, ad essere sinceri, il mezzo ha superato il messaggio di gran lunga, spesso sottoponendoci a vuoti bombardamenti di immagini.
In una curiosa disputa andata in onda sul Grande Talk in cui si commentava il presunto spessore atropo-sociologico del Grande Fratello, Philippe Daverio definiva trash il format della cultura pop contemporanea, mentre Giorgio Gori (responsabile di produzione della prima storica edizione del reality), ribellandosi a ogni tipo di etichette sottolineava come l’idea fosse nata con altri propositi, e che l’inevitabile forza autonoma della comunicazione televisiva era riuscita a piegare il contenuto alle esigenze del pubblico. Come viene fuori dai sondaggi, sembra essere la gente che a scegliere il sordido, il cattivo gusto. Non faremo parola del caso delle gemelle Lecciso se non per sottolineare che la televisione ”“ ormai oltre qualsiasi laico rigore morale ”“ è arrivata al punto di premiare l’ingordigia, fino a dare in pasto all’opinione della massa chi ha il coraggio di mettersi all’asta sul piedistallo delle proprie ambizioni. In un certo senso la tv è un po’ come il vecchio Ponzio Pilato, che se ne lavava le mani e lasciava al popolo ogni arbitrario giudizio.
Ecco insomma, una catarsi fatta di de-responsabilizzazione verso i cattivi sentimenti. In tutto ciò, incredibili a dirsi, le persone scelgono lo squallore per esorcizzare un risentimento verso la vita (sempre più dura), per purificare la propria anima dalla rabbia che pervade molti sentimenti del quotidiano.
Dall’altra parte ci sono, poi, i feticci, i simboli e le allegorie che incarnano la possibilità nascosta ovunque di diventare famosi, di “svoltare” in qualche modo. Basti pensare a quanti format giocano con il concetto di caso e fortuna (che quasi mai sono la stessa cosa). Il messaggio che viene fuori è quello di un destino da forzare e mettere all’erta, sempre pronto a balzare addosso all’occasione dietro l’angolo, attento a sondare ogni piccola possibilità , teso ”“come in un imperativo categorico virtuale, ma sempre presente”“ a migliorare, cambiare, evolvere, appunto “svoltare” (dietro l’angolo di una nuova vita da vivere). E’ solo l’altra faccia della tv, abbastanza per avere fatto scordare cosa c’è fuori dal mondo catodico di marzapane. Abbastanza per impedire di guardare fuori, guardare all’esterno.
Ed ecco che ritorniamo all’oggetto del nostro articolo. Esterni, si diceva. Perché essere militanti si esprime anche promuovendo una comunicazione fatta di osserv-azione. Fatta della congiunzione dell’osservazione di quel che sta attorno -che accade e che influenza i meccanismi della vita- e come può essere comunicato. Affinchè si tramuti in voglia, in profondo desiderio di fermarsi a pensare, a volte direttamente provando a partecipare.
Esterni promuove un evento in forma di sciopero dei telespettatori e, come già per altre occasioni, propone di scendere in piazza, di vivere lo spazio urbano attivamente, ricreando quella agorà in tanti casi proposta come spazio d’incontro, confronto e pianificazione di idee, necessità , opinioni. In questo caso l’idea è stata la costruzione di una rete nazionale, con un programma di manifestazioni nelle più importanti città italiane, con l’obiettivo di spegnere la televisione e di visitare chiese, palazzi storici, musei, piazze . E’ partito persino un accordo con il Ministero dei Beni Culturali per agevolare la partecipazione delle persone. Ad alcuni è bastato presentarsi in musei e istituti con il telecomando in mano per ottenere sconti e benefit. Lo sciopero dei telespettatori, oltre a rilanciare la possibilità di tornare (ma al futuro) all’evento sociale, cerca di stimolare un processo critico, di “esporsi” in tutti i sensi per tornare a restaurare il valore del contenitore circostante, un valore che può diventare ideologia se non svuotato della motivazione che è alla base della manifestazione. Vivere la città in modo partecipato e responsabile e, almeno per una volta, lasciare in nero lo schermo del video riservandosi, con il telecomando in mano, di accendere altri canali di vera comunicazione.

Riferimenti:
www.esterni.org

www.esterni.tv