Spostamento e staticità : due parole per due concetti diametralmente opposti. Il museo, luogo della cultura per eccellenza, rappresenta uno spazio statico, dove le opere permangono e vengono conservate. Le persone che lo visitano si muovono lentamente per osservare e guardare, predisposte alla calma, al soffermarsi, all’approfondimento.
Per contro, spostarsi è sinonimo di movimento, rapidità , mancanza di tempo. Condizione tipica del mondo contemporaneo, dove si rivendica di continuo il diritto, sempre più leso, al tempo libero. Un tempo per riposarsi dal lavoro, per comunicare, ma anche per potersi occupare in attività divertenti ed educative. Andare per musei rientra a pieno titolo tra le principali attività culturali del tempo libero. E forse è proprio per conciliare la dimensione lenta del museo con la dinamicità della vita contemporanea che accanto agli spazi espositivi tradizionali, stanno nascendo degli spazi culturali all’interno dei luoghi dello spostamento (o forse sarebbe meglio chiamarli nonluoghi, sulla scorta della nota definizione di Marc Augè). Stiamo parlando in particolare degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie e delle reti metropolitane, ma anche di progetti più audaci come il Nomadic Museum, un museo in movimento che si sposta e si modifica a seconda delle circostanze.
In Italia il fenomeno sta prendendo piede in modo significativo già da diversi anni: non si tratta solo di piccoli allestimenti sporadici, ma anche di aree adibite a mostre ed esposizioni permanenti.
All’interno della stazione Termini a Roma, dallo scorso febbraio è partito il progetto Gate (che sta per Galleria Termini), promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, con il sostegno di Arcus e delle Ferrovie dello Stato. Il progetto intende recuperare l’Ala Mazzoniana per dare vita ad uno spazio polifunzionale con sala cinematografica, per concerti convegni e eventi culturali, ma anche punto informativo al servizio della cultura e del turismo. L’iniziativa consentirà a molti viaggiatori e non, di fermarsi nella galleria e trasformare così la stazione in luogo sociale e vitale. Se questo progetto pilota funzionerà , la previsione è di ripeterlo anche in due stazioni “minori” come Pisa e Caserta.
Sempre rimanendo nelle stazioni ferroviarie, nella stazione centrale di Milano, al Binario 21 finora in disuso, Grandi Stazioni – la società di servizi del Gruppo Ferrovie dello Stato incaricata di riqualificare e gestire il network delle 13 principali stazioni ferroviarie italiane – ha creato uno spazio espositivo permanente di 5000 metri quadri per la realizzazione del primo memoriale italiano dedicato alla Shoah. Sarà un centro di scambio culturale e di informazione permanente, non solo un museo ma un luogo vivo della memoria.
Se le stazioni rappresentano sicuramente il primo esempio di cultura in luoghi di passaggio, anche la rete metropolitana non è da meno; stiamo parlando in particolare della metropolitana di Napoli, dove con il progetto Stazioni dell’Arte si integrano opere di arte contemporanea ad un contesto architettonico diverso da quello tradizionale. Portare l’arte nella metropolitana costituisce anche in questo caso, un mezzo efficace per avvicinare al viaggiatore, distratto e frettoloso, l’arte e la cultura in generale. Sicuramente la sorpresa di trovarsi di fronte ad un dipinto o ad una scultura mentre si scende la scala mobile diretti al treno, produrrà nel viaggiatore/visitatore inconsapevole, una curiosità diversa da quella che potrebbe avere nel visitare un museo tradizionale.
Non possiamo parlare di luoghi di spostamento senza parlare di aeroporti; il primo caso di cultura in questo ambito riguarda l’aeroporto di Fiumicino, dove il progetto Playon, promosso dalla ADR (Aeroporti di Roma), dal 2001 sta trasformando lo spazio dell’aeroporto in un luogo dedicato all’arte, dove ogni anno si possono ammirare opere permanenti e mostre itineranti: dai reading di poesia e prosa, alla musica, ai video, alle rappresentazioni teatrali e alle esposizioni di pittura e scultura. Ognuno dei progetti visti finora ha lo scopo di creare delle nuove realtà dove parlare di cultura, una risposta all’approccio tradizionale e conservativo dei musei, una risposta anche ai tempi e alle esigenze di svago tipiche della società contemporanea.
Ma se invece di creare nuovi spazi si “spostassero” quelli esistenti?. La domanda sembra apparentemente paradossale: come si può pensare di spostare “fisicamente” un museo o uno spazio espositivo? Sembra incredibile ma c’è già qualcuno che l’ha fatto. Stiamo parlando in particolare del Nomadic Museum (letteralmente museo nomade), una struttura mobile di 4.200mq. progettata dall’architetto giapponese Shigeru Ban per ospitare la mostra permanente ma itinerante “Ashes and Snow” di Gregory Colbert. Utilizzando dei container per le pareti e dei tubi di cartone per il tetto, Ban ha costruito un museo che può essere comodamente imballato in 37 dei 148 container che ne costituiscono le pareti a scacchiera. I materiali sono in gran parte riciclabili, dai tubi in cartone al milione di bustine di tè utilizzate per costruire una tenda da sospendere al soffitto. Fino al 6 Giugno prossimo il museo sarà visitabile a New York, presso il molo 54 sul fiume Hudson, ma dopo quella data l’architetto Ban potrà riprogettare il museo in qualsiasi parte del mondo con qualche “semplice” modifica. E’ forse proprio in questo incredibile progetto la chiave di lettura per avvicinare sempre più visitatori alla cultura: non saranno loro ad andare al museo ma sarà il museo ad andare verso di loro, verso noi tutti.

Approfondimenti:
playon.adr.it/ita

www.grandistazioni.it
www.ashesandsnow.org
www.binario21.org
www.metro.na.it/staz_arte.htm