Intervista a Désirée Klain, direttore artistico del Festival “Periferie del Mondo Periferia Immaginaria”

Da quali esigenze e riflessioni nasce l’idea di un festival cinematografico sulle periferie?
Nasce da due considerazioni: una personale, l’altra professionale. Sono nata e cresciuta a Secondigliano, periferia Nord di Napoli, non lontano da Scampia; vivendo tutti i disagi di un’adolescenza fatta di privazioni. Dalla mancanza di luoghi di aggregazione, a quella di strutture adatte a “contenere” o a nutrire il mio immaginario. In seguito, quindici anni di giornalismo mi hanno portata a comprendere che tutta questa assurda emarginazione crea talenti. Quelli veri, interessanti, i giovani dei quali scrivevo con passione, venivano tutti dall’hinterland. Così cinque anni fa ho creato un festival cinematografico, “Periferie del Mondo Periferia Immaginaria”, per dare alla loro e alla mia rabbia uno spazio per esplodere.

Può darci una sua definizione di “centro” e “periferia” oggi?
La periferia non è “semplicemente” un luogo geografico, ma è una dimensione della mente e dell’animo. Un territorio dai confini incerti, che vive contradditoriamente la sua natura, in rapporto ad un ipotetico Centro, dal quale si dipanano forze centrifughe e centripete. Ma in questo perenne movimento che travolge, attrae e contemporaneamente espelle, rifiuta, si generano nuove distanze, nuove esclusioni, nuove deformazioni e nuove marginalità .

Qual è stata la risposta del pubblico, napoletano e non, alle scorse edizioni?
Una platea numerosa, viva, partecipe e critica. Ho voluto “osare” aprendo il festival con un incontro di letteratura. Beh, nella stessa strada dove si era consumato, appena il giorno prima, un agguato di camorra, c’erano più di cinquecento persone ad ascoltare sette scrittori: Stefano Benni, Efraim Medina Reyes, Maurizio Braucci, Gabriele Frasca, Christian Raimo, Michele Serio e Zap Mangusta.

Può farci qualche esempio di come i giovani registi vedono e raccontano le periferie?
Giorgio Arlorio, 76 anni, considerato uno dei massimi sceneggiatori viventi, è stato entusiasta nel suo ruolo di presidente della giuria del festival delle Periferie. Dopo aver esaminato con grande attenzione i nove corti in competizione, si è dichiarato arricchito, nutrito. Lo ha colpito la qualità dei lavori in concorso, rispetto anche a manifestazioni che hanno più mezzi, ma un livello decisamente inferiore e in particolare il tema della marginalità . Insomma in questi giovani videomaker c’è una capacità narrativa molto prepotente, decisa, innovativa, più intrisa di quella immediatezza ed autenticità , che spesso caratterizza l’osservazione di un fenomeno dal suo interno.

Ci sono anche sezioni dedicate alla letteratura, alla musica, al videoclip. Erano previste nel progetto originale o avete esteso il vostro raggio d’azione con il tempo?
Fin dall’inizio, nel Duemila, quando ho redatto il primo programma, la letteratura e la musica erano sezioni previste. I videoclip neomelodici, nella sezione “Fenomenologia Periferica”, sono arrivati in seguito, perché ci sono sembrati “necessari”. Questa musica, per i suoi testi, così realistici, sta a Scampia esattamente come il rap sta al Bronx.

Quanto conta aver scelto una location come Scampia?
Quando cinque anni fa pensai a Scampia, come location del festival, in città mi guardavano come se fossi un’aliena. Altrove, invece, come al Festival di Cannes, l’allora assessore alla Cultura, si dichiarò pronto ad inviare dei suoi “osservatori” per studiare la nostra manifestazione.
Oggi Scampia è al centro di un sovraesposizione mediatica, per la nota faida che si sta consumando da novembre. Come se questo luogo non fosse mai esistito prima e si fosse materializzato, improvvisamente, dietro il fumo degli spari. La mia idea, in tempi non sospetti, fu quella di creare in questa zona della città, un laboratorio permanente, una sorta di contenitore capace di accogliere tutte quelle emergenze creative, che dalla periferia stessa provengono. Scampia era ed è l’immagine-simbolo di questo festival, averla scelta per me è significato non fare un festival, ma difenderlo!

Qual è il rapporto del Festival con il territorio? E che tipo di finanziamenti utilizzate?
E’ un rapporto continuativo e costruttivo. Mi spiego meglio. Nel febbraio 2004, la prima edizione del Festival si concretizzò con la produzione del film-documentario “Le Sfide della Periferia”, in onda da febbraio sul canale Planet (piattaforma Sky). Tema del progetto le diverse associazioni culturali attive nel territorio dell’hinterland partenopeo, in una sfida quotidiana, tendente ad abbattere il muro del disagio.Tra queste associazioni, con le quali ho avuto un ottimo rapporto umano e professionale, ho avuto modo di conoscere quella del “Gridas” (Gruppo risveglio dal sonno), L’associazione, fondata da Felice Pignataro (un artista geniale), dalla moglie Mirella e da altre persone nel 1981, ha sede nel vecchio centro sociale del rione Ina casa e offre da più di 20 anni agli abitanti del territorio strumenti e occasioni di espressione della propria creatività e di coscientizzazione, di cui risultano sintesi efficace le immagini dei cortei annuali dei Carnevali di quartiere.Uno dei maggiori successi del GRIDAS è stato quello di riportare in voga forme di comunicazione note, come il fumetto e il teatrino di strada, attualizzandole e problematizzandole.L’attività del GRIDAS continua attraverso la creazione della “Casa delle Culture Nuvola Rossa” che dal ’93 vuole essere punto di espressione per chi abbia qualcosa da dire e offrire per favorire il riscatto sociale. In questo si rivela il senso del gemellaggio ideale tra Gridas e Festival e l’importanza di aver trovato proprio in Scampia la sede privilegiata della kermesse. Per quanto riguarda i finanziamenti il festival “Periferie del Mondo Periferia Immaginaria” è stato realizzato in parte dall’omonima associazione e in parte grazie al contributo della Presidenza Della Giunta Regionale della Campania.

Anticipazioni per la prossima edizione?
Per ora stiamo lavorando al montaggio e alla distribuzione di “Goran e Mirko”, il film di Carlo Luglio, che abbiamo coprodotto. Un lavoro interessante, ispirato ad un episodio di cronaca nera, consumatosi alla fine del giugno scorso nel Campo Nomadi di Secondigliano. Quando, dopo l’assassinio di due ragazzi, l’intera comunità rom si dileguò in solo due giorni, spaventata dalla valenza simbolica dell’accaduto. L’esodo avvenne nell’indifferenza totale da parte delle istituzioni e della società civile.
Il lungometraggio è stato, poi, girato, in maniera del tutto casuale, durante i giorni più aspri della faida: ovviamente questo ha condizionato tutta la lavorazione. Sempre per quanto riguarda la produzione nella prossima edizione vorremmo estendere il concetto del documentario “Le Sfide della Periferia”, applicando lo stesso format in altre aree periferiche delle metropoli italiane ed europee, grazie anche alla collaborazione di Sky, che ha acquistato il nostro primo lavoro sulla periferia napoletana e che, in linea con le sue scelte di qualità, ha dimostrato di voler proseguire accanto a noi in questa ricerca. La prossima città sarà Palermo. Napoli resterà, comunque, la “casa-madre” del progetto.

Il quartiere Scampia
Nasce nel 1964 da un progetto Pdz (Piano di Zona), in conformità alla Legge n. 167, riguardante l’acquisizione da parte dei comuni di aree per l’edilizia popolare. L’area su cui si estende era prima occupata da una vasta e piana campagna alla periferia nord di Napoli. Progettato originariamente per contenere una popolazione di circa 60.000 abitanti, ne ospita in realtà quasi 100.000. Il quartiere è diviso in 21 lotti, identificati con le lettere dell’alfabeto e deliminati da una grande rete stradale e scorrimento veloce. Il rione è tristemente noto per le faide di camorra di cui spesso è teatro. In occasione dell’ultima Festa dei Lavoratori (1 maggio 2005) decine di migliaia di persone hanno sfilato in corteo nel quartiere, divenuto simbolo del disagio sociale, per incitare al riscatto. Al grido di “sviluppo e legalità”.

Approfondimenti:
www.periferiedelmondo.it
www.fuoricentroscampia.it