iPod, Motorola razr V3, Oakley Thump, Sony VAIO, Adidas #1, Segway: cos’hanno in comune questi prodotti? Sono tutte tecnologie cool. Oggetti che esprimono un’idea di tecnologia non più soltanto funzionale, ma legata a un particolare concetto di gusto e moda. C’è una nuova espressione che sta cominciando a circolare e che sembra essere la parola chiave degli anni a venire: digital lifestyle. La tecnologia non solo come strumento o gadget, ma come vero e proprio stile di vita.
E se la tecnologia diventa stile, il marketing non può limitarsi ad utilizzare le solite tecniche per scoprire le esigenze dei consumatori prossimi venturi, ma ha bisogno di una nuova genìa di ricercatori in grado di cogliere i deboli segnali che via via si fanno strada tra usi e comportamenti tecnologici emergenti. Il marketing ha bisogno dei technological cool hunters.
Come i loro colleghi della moda, devono cogliere i sintomi delle nuove strategie d’uso della tecnologia nella vita di tutti i giorni, per poi trasformarle in idee per comunicare un prodotto ad alto contenuto tecnologico. O per dare vita ad un nuovo tecno-gadget.
Ma come si muove questa figura -curiosamente in bilico tra l’antropologo e l’analista marketing- nel mondo del consumo e della comunicazione tecnologica?

1. Identificare la tendenza
La prima cosa da fare è identificare la tendenza di consumo che si nasconde nelle pieghe degli utenti più attenti e interessanti. Per fare questo usano diversi strumenti: foto digitali, riprese con videocamere, tour nei locali trendy.
Una volta lo scopo era quello di identificare i leader, ovvero i consumatori che della tecnologia ne fanno un uso sistematico (heavy user). Adesso invece la parola d’ordine è trovare gli alpha consumer, cioè i consumatori che per primi esprimono nuove esigenze dando vita a comportamenti tecnologici innovativi.
La differenza sta tutta nell’approccio. Solo dieci anni fa si analizzavano le vendite dei lettori DVD e si potenziavano le linee con il design di maggiore successo. Oggi invece si studia un paio di occhiali dalla forma molto high-tech e si pensa come espanderne le caratteristiche tech, magari innestandoli con un lettore MP3 e dando così vita ai trendissimi Oakley Thump.

2. Definire il concept del prodotto
Mobilità , personalizzazione, relazionalità . Queste sono le parole chiave delle prossime tecnologie, qualunque esse siano: scarpe ad altissimo contenuto tecnologico (Adidas #1), cellulari ultraportatili dal design sofisticato (Motorola razr V3). Chiedersi quali funzionalità  debba avere una tecnologia è un tipo di richiesta che però non basta più. La domanda chiave sta nel tipo di concetto da comunicare, nel concept alla base del prodotto.
Non è un caso che le ultime generazioni di designer sono anche coloro che inventano nuove funzioni da assegnare alle tecnologie. Mai come oggi il medium è il messaggio. Basta guardare i think tank di questo settore. Prendiamo ad esempio i progetti dell’Interaction Design Institute di Ivrea. Osservandoli ci accorgiamo che non c’è più distinzione tra la tecnologia e la sua comunicazione, tra la forma e la funzione, tra l’hardware e il software. Se così non fosse, che senso avrebbe comunicare la Citroen C4 con uno spot che la vede mutare in un transformer-ballerino? (campagna “Dancer”, EuroRSCG, 2004)

3. Attivare la netcommunication
Abbiamo un prodotto, abbiamo una campagna, si attivano i canali di comunicazione seguendo le regole del media mix. Questo però va bene per un prodotto che non ha bisogno di essere percepito come tendenza, perché altrimenti le regole sono diverse.
Il technological cool hunter sa che il nuovo territorio della comunicazione è il web. Un sito ben fatto è sicuramente un buon punto di partenza, ma niente vince una rete basata sui blog. Grazie alle loro caratteristiche di apertura (la possibilità di commentare, la citazione incrociata, la distribuzione del contenuto) i blog si prestano infatti per essere utilizzati dal viral marketing. In pratica, il prodotto viene comunicato seguendo una logica che prevede il contagio (narrowcast: da molti a molti) e non il semplice raggiungimento del target (broadcast: da uno a molti). Un approccio che non può essere basato che su internet. Affissioni allusive, siti accattivanti, blogzine: tutto contribuisce a diffondere l’interesse verso la tecnologia da comunicare. Magari anche i commenti soddisfatti della comunità di appassionati che si raccolgono intorno al prodotto.
Il web però può non essere sufficiente, allora è necessario sviluppare una tecnica per rinforzare il messaggio. Ecco quindi la costruzione di una serie di eventi in cui la tecnologia sembra essere un componente accessorio. Sembra.
È il caso dei Toothing party, in cui lo scopo è quella di trovare l’anima gemella catturandola con la connessione Bluetooth tipica dei cellulari di ultima generazione. Oppure delle iModding fest, dove si incontrano gli utenti di iPod fieri di mostrare da quanti oggetti diversi hanno ricavato il proprio porta-iPod.

Oggi la tecnologia vuol dire stile, cultura, atteggiamento. Pratiche che spesso sfuggono ad una riflessione poco attenta e ponderata. Lo scopo del techno cool hunter è questo: dare vita a tecnologie che siano sempre più vicine alla nostra sensibilità e al nostro desiderio di bellezza. E di futuro.

www.interaction-ivrea.it
www.apple.com/it/ipod
www.caymag.com
www.joshrubin.com/coolhunting